18 aprile 2011

Modernità e mobilità

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Madre in motorone che, sulla Salaria che si muove verso il centro, parla al cellulare incastrato nel casco, che puntualmente cade, e contemporaneamente smozzica qualche parola alla figlia dodicenne - più o meno - che, dietro, legge un libro da bambina cresciutella, diciamo pre adolescente, ché il colore del libro, che lei tiene con ambo le mani completamente presa, tenendosi solo con le gambe mentre la madre fa slalom, è di un pastello tiepido, e le parole son scritte grandi e distanziate. Al che ho anche capito che la differenza fra un best seller, o meglio un libro che si vorrebbe tale, e un libro da preadolescenti è nel fatto che il primo ha colori simili al secondo, ma una copertina lucida.

12 aprile 2011

Non ci si può che arrendere alle coincidenze

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Nel pomeriggio in libreria mi è capitato di trovare appoggiati su un bancone, uno sopra l'altro, tre libri assai diversi fra loro, tutti in copia unica, messi un po’ disordinati e quindi visibili, e mi son subito balzati agli occhi, ho preso il primo, poi il secondo, poi ancora più stupito il terzo. Mi piacevano pur non conoscendoli, ma in un certo senso riconoscendoli, ognuno infatti stava per lì per una mia fantasticheria o interesse, ognuno dei tre su un tema su cui ho scritto o scribacchiato, anche su queste pagine , e su cui ho saltuariamente letto e più spesso delirato.



Per non tirarla troppo in lungo, il primo era sul linguaggio comune, Leonard Bloy Esegesi dei luoghi comuni, il secondo sui dandy, Oscar Wilde La disciplina del dandy,il terzo sul rapporto fra linguaggio e morte (eh, lo so, ogni tanto son palloso anche a me stesso), Franco Rella Pensare e cantare la morte. Andato alla cassa il libraio è rimasto colpito dall’acquisto -sì, ovviamente li ho comprati, insieme ad altro-, perché i tre libri erano arrivati tutti e tre in mattinata e li aveva “sbollati” poco prima, lasciandoli sul bancone prima di metterli a posto. Gli ho spiegato che mi avevano fulminato, che mi sembravano messi lì apposta per me. Non ci si può che arrendere alle coincidenze, gli ho detto dandogli il bancomat, e nel dirlo ci ho creduto e ho capito davvero cosa intendessi nel dirlo, e perché nonostante i moltissimi ordini sul nuovo dannato ed economicissimo Amazon.it -fermateli, ve ne prego - io continui ad andare in libreria.

Il video di Whisper Not sta in questo post poiché era la musica in sottofondo nella libreria, caso volle che sia uno dei pochi brani che ho suonato dal vivo, qui è eseguita da Keith Jarret.

02 aprile 2011

Dio è morto, Marx è morto, il Blog è morto, e io* mi sento molto bene.

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Dicono in giro, anzi, lo dice la blogosfera stessa, che per l’ennesima volta è morto il blog, questa volta pare per davvero, come ogni volta. E questo blog allora finalmente esce da un equivoco. Si credeva vivo, vivacchiante, o al massimo morente, e invece era ed è morto, deceduto e trapassato, quindi può finalmente tornare alla vita, alla parola e ai post dopo un anno e molto più, solo che alla vita nella morte.

Insomma questo blog ricomincia da qui, dal suo essere zombie, un non blog - uno zlog? un blombie? fate voi. Supera così l’idea, che l’aveva avvizzito e azzittito, di dover dire qualcosa, di doversi esprimere, riferirsi a fatti, parole opere e opinioni, di dover essere un blog. Invece ora che il cazzeggio si è trasferito altrove -nel mio caso su friendfeed e su tumblr-, e che i contenuti son morti, sepolti forse, questo blog può uscire dalla sua tomba, ritornare sbrindellato, coperto di terriccio, sfavillante e putrescente insieme, ripetendo delle frasi idiote, senza volontà alcuna, e scoprire che al fondo di tutto, della bloggosità, del diarismo, c’è il diarismo stesso, non c’è contenuto né cazzeggio, ma pura e vuota referenzialità, esistenza da morti. Questo stesso post, questa desurrezione, altro non è che una purissima forma distillata di blog, un concentrato di niente, del dire che esistiamo -esisto- perché siamo morti. Partecipate e gioite rumorosi e numerosi. Ci si rivede da queste parti, con maggiore costanza di quanto la vita permettesse.

*l’io scrivente si scusa, ma non sa se questo stesso termine che gli si riferisce -"io"- denoti il blog stesso, l’autore di cotanto post, o un’altrettanta entità fittizia -insomma lo scrivente si scusa, ma non sa chi è.