29 settembre 2008

Le vie del signore sono finite: toponomastica e divinità


Allora, bene, innanzitutto, scrivo quanto segue perché impossibilitato da contingenze a vedere su Rai 4 (roba di digitale terrestre) "Il mio nome è Nessuno", personale film feticcio con Terence Hill ed Henry Fonda. Lo dico subito così sanno con chi prendersela (con le contingenze) qualora si avventurassero fra queste righe verbose e venissero loro a noia.


L'altro giorno ero in quel di Modena -anche se la localizzazione geografica è inessenziale-, e mi sono imbattuto in via Santissima Trinità. E così, preso da uno stupido gioco di associazioni mi sono chiesto perché non avessi mai letto né sentito di una "via Dio", od anche di una "via Gesù" o "via Madonna", per altro da romano e quindi circondato dal Vaticano quale sono -sì, dal 1870 sono loro a circondarci e non viceversa.

Inoltre pensavo ad i vari nomi delle molte chiese di questa città (e non solo), che tutte, tranne un'eccezione su cui tornerò dopo, quando invocano i Big Three, ovvero Dio, Gesù e Madonna (lo Spirito Santo è chiaro che qui non conta, non ho mai sentito bestemmiarlo, e la bestemmia è l'unico criterio di affezione e legame con una divinità) lo nominano sempre connotato, mai puro, liscio, diretto. Anzi, ad essere precisi, nei nomi delle chiese Dio non lo nominano proprio, Gesù molto poco e sempre accompagnato da un aggettivo, da una qualificazione (bambino, redentore, signore, lo stesso "Cristo" è in origine un aggettivo) o al massimo giustapposto alla Madonna, che a sua volta compare solo in quanto Madonna di qualcosa ("dell'addolorata", "dell'annunziata", o roba simile). Inoltre l'eccezione di cui sopra è la Chiesa del Gesù, che innanzitutto ad un'indagine più approfondita risulta chiamarsi Chiesa del Santissimo Nome di Gesù all'Argentina, e poi comunque nel suo ricorrere a quell'articolo determinativo incluso nella preposizione determina appunto, connota, non si riferisce direttamente alla divinità [nessuno direbbe mai la Basilica del (santo) Giovanni]. Insomma non solo non c'è "Via Gesù"*, o "via Dio"**, ma non c'è nemmeno la"Chiesa di Dio" o "di Gesù".

La cosa mi colpiva particolarmente proprio perché la toponomastica è stata sempre un gioco di potere (non scrivo simbolico, ché fa troppo fricchettone, ma ci capiamo) mica da niente, e proprio Roma ne è un chiaro esempio, con Borgo Pio ed il Vaticano di cui sopra incastonato negli anni umbertini ed a seguire fra "Piazza Risorgimento", "Piazza Cavour" e "Via Cola di Rienzo". E di solito si calano i pezzi grossi in queste battaglie di territorio, ce lo insegna proprio l'Emilia Romagna -mi sbagliavo, Modena c'entra- con le sue strade intitolate a Lenin, a Che Guevara e seppur non più a Stalin comunque alla battaglia di Stalingrado (perlomeno a Bologna, dove la giustificazione è che all'epoca la città si chiamava così). Insomma i nemici, laici, massoni (vedi gli ossari di garibaldini al Gianicolo, ovvero sopra San Pietro, con annessa statua del barbuto nella piazza intitolata alla moglie Anita), comunisti ed affini quando hanno potuto si sono giocati i loro Big, espliciti e netti. La chiesa no.

Questa impossibilità di denotare direttamente il divino dapprima (mi) ricorda l''iconoclastìa monoteista, che però nondimeno il cristianesimo ha brillantemente superato, approdando da parecchi secoli a questa adolescenza esuberante, poco dedita all'espiazione e con molti poster in cameretta, in cui accetta infatti tranquillamente il suo bisogno di politeismo, non solo quello della Trinità ma soprattutto quello dei santi, santesse, Papi e Padri Pii (ripensandoci, non ho mai visto nemmeno un santino "denotativo" di Dio, di Gesù o della Madonna, anche essi fanno parte difatti della geografia spirituale con il loro tentativo promozionale territoriale). E questa adoloscenza cristiana si è proprio appoggiata a queste mediazioni del Divino, ci ha costruito la sua forza e la legittimazione della Chiesa, il suo ruolo infatti quale è infatti se non proprio quello di connotare la divinità, spiegarla, diffonderla, immaginarla, definirla attraverso determinazioni qualitative («Dio è x») e pure arrogantemente darle voce («a Gesù quella minigonna non piace, lo offende, toglitela», «La Madonna non vuole che tu ti metta le dita nel naso»). La denotazione, l'invocazione diretta e un po' misteriosa del divino (che è 'sto Dio, che non è padre, o redentore, o salvatore?) li farebbe fuori a tutti, santi e preti, mistici e venditori di calendari con immagini sacre, e forse di qui il ricorrere solo ad i Big Three in forma mediata, che mica si possono fregare da soli. Forse la proibizione delle bestemmia funziona allo stesso modo, forse no.

Insomma, altro che iconoclastìa, il problema non è il non volere/dovere rappresentare o nominare il divino, anzi, si vuole farlo e si deve farlo per motivi propagandistici, piuttosto non si può nominarlo in quanto tale, pena la propria inutilità; per quest'esigenza di nominazione ed evocazione che tutte le religioni si portano appresso c'è infatti bisogno di iconofilia, di immagini, di caratterizzazioni, dell'aggiunta aggettivale di qualcosa di umano al divino. C'hanno messo un po' i cristiani ma dopo i primi secoli ci sono arrivati. Alla fin fine sembra qui ritornare quell'idea tutta pagana dell'intollerabilità della presenza del divino in quanto tale, che si può manifestare solo in un certe sue forme pena il distruggere l'essere umano che vi entra in contatto diretto, travolto dalla sua luce -qui distruggerebbe solo le istituzioni create in suo nome. Certo, nel mondo greco-romano era un modo essenziale per pensare l'impensabile, una modalità misterica, filosofica, quasi epistemologica, di concepire non solo i limiti degli umani e del linguaggio, ma anche del divino, che non è mai solo se stesso (il loro enorme vantaggio era il politeismo su cui si innestava tutto ciò), ma è sempre sovradeterminato da un epiteto, dal fato (che vuol dire proprio "ciò che è detto"): una volta è Apollo Phebo (lucente), altre Apollo Loixas (l'oscuro!), se non Apollo Musageta, ricordandosi sempre che sotto quell'uomo o quella donna, quel cigno, si potrebbe sempre nascondere non solo Apollo, ma Mercurio, o qualche altre impiegato dell'Olimpo. Insomma ad i loro tempi era una cosa divertente, complessa, che richiedeva interpretazione, mistero, abbandono e pensiero, ora qui da noi sembra essere solo un modo stantìo di auto-conservazione, di contenere dentro delle belle viuzze e parole roba che potrebbe scoppiare come troppo incomprensibile, ché si spacciano per religione senza aggettivi, monoteista, ma non ce la fanno proprio, senza però nemmeno avere la voglia di ammetterlo.

Insomma, mi son convinto da solo, per smontare o almeno smuovere il cristianesimo iniziamo ad intitolare delle vie a Dio, e vediamo che succede, come la gente ci si dà appuntamento, che nome prendono i bar del posto, con che piglio si indirizzano le cartoline o si forniscono le indicazioni stradali. Qualcosa dovrebbe succedere.

[le prime spiegazioni che la mia testolina aveva offerto al fenomeno toponomastica che ha ingenerato tutta sta tiritera, è che forse Dio è impenetrabile, non ci si può passare attraverso, insomma Dio non si percorre come una strada, semmai ci si imbatte in un suo aspetto, ovvero è quanto detto poi in tutte queste righe]

*di "via Gesù" in Italia se ne contano nove, tutti in piccoli paesi, e certo, negano quanto qui detto, ma che vogliono, questo è solo un blog

**se cercano in googlemaps non c'è alcuna "via Dio", ma trovano cinque "via di Dio". Anche qui la preposizione sembra svolgere quel ruolo mediatore estraneo a tutti gli altri nomi propri, ché "via di Giulio Cesare" non si è mai sentita. Evidentemente scrivere, incidere, pronunciare "via Dio" constituirebbe forse qualcosa di troppo simile al pronunciare invano il nome del divino, alla bestemmia.

Nessun commento: