24 settembre 2009

Accostamenti inconsapevoli, Guccini e gli Smiths


(che poi inconsapevole sì, ma mica tanto, che poi uno ne guadagna consapevolezza, o almeno un post)

Poco fa in una libreria c'era una musica che si sentiva non troppo, c'era l'aria condizionata e mi sa che influisce, ma ahimè questa musica copriva comunque il "sottile rumore della prosa", che non si sa perché mai non bastino i libri e le voci dei libri, tanto chi voleva era dotato del suo bel ipod. Insomma ero lì che sentivo distratto solo il tono lamentoso della voce della canzone ed ho pensato agli Smiths, sarà che di sti tempi li sto sentendo spesso.

Poi invece, a sentir bene, era Guccini. Guccini, dico, che a me non piace nemmeno tanto, e poi ho pensato che effettivamente in comune con gli Smiths c'ha un po' la nenia, ma di centro italia la sua, che guarda a nord tra pianura sonnolenta e appenino rustico e ruvido, un nord di un freddo da cui scaldarsi e cullarsi e scuotersi, più che il nord delle piogge di Manchester e dell'uniforme grigiore del ferro dell'Inghilterra.

E poi ho pensato che hanno in comune anche un po' l'invettiva, anche se Guccini tutta più viscerale e vinaiola, di uno che ha mangiato parecchio e salato, o che ha fame di parecchio e di salato, ma giusto per innaffiarlo di rosso ché così diventa brillante come un vino dai vari riflessi, corrusco. Gli Smiths, Morrisey in particolare, non ho ancora capito come inveisca (Vicar in a tutu), più british of course, ma mica solo quello, anche più satirico e laterale, boh, ci ripenserò.

Poi il resto è tutto molto diverso, davvero tanto assai, dalla musica alle facce, però anche con tratti diversi si possono avere lontane parentele, mi sa.

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