05 novembre 2008

Miss America & Mr Obama (goes to washington)


Quando ero bambino, sarà stata la prima elezione di Clinton, mi ricordo andai
in un bar e sentii un po' di gente che parlava delle elezioni americane, erano quella notte e loro sarebbero stati svegli a vederle. A me sembrava proprio una cosa strana, bizzarra, che qualcuno stesse sveglio la notte -sempre stato pigro- per l'America, per una cosa molto lontana e strana, e da bambino forse mi attirava più di quanto mi attiri adesso.

Poi stanotte ho fatto nottata, l'avevo fatto solo per le elezioni nostrane, e mi son trovato a seguire siti vari americani ed un po' di borghesia blogger-chic (di cui ogni tanto uno rischia di far parte), quella un po' eccessivamente innamorata di Barack. E stavo lì a sentire "hanno chiamato (che vuol dire assegnato) la Virgina", "qui il distacco è in double digit (doppia cifra, presa dallo sport st'espressione)", e speravo proprio che ce la facesse. Ci speravo molto più di quanto pensassi, e non solo per il terrore per McCain, vecchiaccio guerrafondaio ed iperliberista. Poi magari fra vent'anni guarderemo ad Obama e ci ricorderemo di come abbia dato il colpo definitivo alla trasformazione della politica in spettacolo, o peggio in religione. Però almeno è stato un bello spettacolo. Che con noi non c'entra niente, sia molto chiaro, come dice l'immancabile Leonardo, lucido ed affilato:

Paradossalmente l'exploit di Obama in Italia è impensabile proprio perché noi andiamo a votare quasi tutti. Non c'è nessun ventre molle in cui affondare. Le parti sono fatte più o meno dal 1994: metà centro-sinistra, metà centro-destra. L'alternanza non la fanno i cosiddetti indecisi, ma i transfughi, le leggi elettorali in continua evoluzione, le composizioni e scomposizioni di alleanze e cespugli, e infine gli astensionisti (che spesso praticano un astensionismo consapevole e selettivo: rifondaroli delusi da D'Alema nel 2001, berlusconisti mosci nel 2006). Il fatto che una democrazia iper-partecipata non sia per forza una buona democrazia è di un'evidenza che personalmente mi schianto

Comunque io oggi sono contento, molto contento per questa elezione di Obama, anche se non so e non penso che porterà il cambiamento che potrei sperare. Però ha già portato un cambiamento, un enorme cambiamento, quello che dicono tutti, che fa commuovere, quello razziale. Molti degli afro-americani intervistati ripetono "ora abbiamo un modello per tutti i bambini, sanno che possono farcela", e sta cosa è più vera del vero, purtroppo abbiamo ancora bisogno di modelli antirazzisti. Anche in varie parti dell'Africa ci sono feste e giubili, perché giustamente in molti la sentono come loro vittoria.




Nella soddisfazione e un po' nell'invidia per gli americani, così naïf da poter ancora credere in qualcuno, non posso però rammaricarmi per il fatto che la "proposition 8", ovvero il referendum per abrogare il diritto dei matrimoni omosessuali in California, pare sia praticamente passato, ahinoi con il grande contributo della comunità afro-americana.

L'amico Nullo riporta questo commento:
There is something so indescribably wrong about voting to remove the barriers of one injustice, while simultaneously voting to shore up the barriers of another.
e poi chiosa amaro -era pro Hillary, capitelo:
much more simply, this might show that people, even in ultra-liberal California, did not vote for Obama to tear down the racial wall.

04 novembre 2008

Obama visto da qui, periferia dell'impero




Sulla stampa di ieri parecchia destra nostrana, da Frattini a Chiara Moroni, si schierava con Obama con improbabili paragoni con Berlusconi, e il Giornale, marciandoci ma neppur troppo, scriveva netto che Obama non è di sinistra, né di destra, ma post-ideologico, post-razziale, bipartisan. Oggi la confidustria, alias il Sole 24 ore, alias Stefano Folli, scrive che Berlusconi si prepara a fare di Obama il nuovo Blair, che paura. Il manifesto invece, con quel fine americanista -se si dice così- che è Marco D'Eramo, nello schierarsi con Obama, legge le elezioni di oggi come un referendum sul razzismo, sull'economia ché perfino «il moderatissimo Obama è stato accusato di socialismo», e sul genere -vedi Hillary Clinton e Sarah Palin. Insomma il manifesto vede in Obama, pur conscio del suo scarso progressismo, una possibile frattura al neoliberismo, anche se come scrive bene la Rossanda è più una speranza che una previsione basata sulle dichiarazione del candidato Obama. Certo, dico io, sarebbe bello che quell'ideologia nata a Chicago con Milton Friedman venisse spazzata via da un nero, anzi un meticcio che è meglio, e che proprio a Chicago ha fatto il community organizer. Ma questo son io che voglio fare il romanziere, in realtà nemmeno ci spero lontanamente.

Ieri sera da Gad Lerner, all'Infedele, ho sentito definire Obama in vari modi, un intellettuale, che mi pare eccessivo, un leader post-razziale, un uomo del cambiamento -nessuno specificava "in meglio", ché si può anche cambiare in peggio-, uno che non appartiene alle elite dei vari partiti, insomma un po' di tutto. L'unica cosa veramente interessante l'ha detta Gabriele Romagnoli, spiegando che visto che mr Barack Hussein Obama, per storia familiare e soprattutto colore della pelle, non poteva far scattare l'identificazione con l'elettore medio, non poteva far scattare l'effetto "sono come te", "sono quello con cui andarsi a bere una birra", ed allora ha puntato all'effetto messianico, dall'alto, all'uomo nuovo. Ad un vecchio uomo nuovo dico io, con il suo essere bipartisan in maniera ideologica, centrista e religioso, devo dire che però si è costruito proprio bene l'immagine, fra Kennedy e Regan, con un intelleginte gioco di celebrità.

Comunque, anche da qui, dalla terra che ha copiato pure il nome del partito americano, oltre che gli spostamenti a destra, forza Obama, pur tutti i se ed i ma che da sinistra verrebbero da fare. Mi viene in mente Chomsky -il quasi guru della sinistra ribelle americana- che nello scontro fra Kerry e Bush invitava a votare per il primo, nonostante le non eccessive differenze fra i due, perché il potere, il potere di un presidente americano, è un tale effetto moltiplicare che da piccole differenze di partenza si arrivano a grosse differenze per il mondo. Speriamo che questa volta le potremo davvero vedere.

03 novembre 2008

Arrivederci (al festival del film di) Roma



Ché io non c'ero mai stato ad un festivàl del cinema, intendo in pianta stabile con l'accredito, rimediato per altro, ma poi ho scoperto che volendo uno in qualche modo se lo fa.

- i biglietti c'hanno tutti scritto sopra Vietato ai minori di 18 anni, ché visto che sti film che vanno ai festival non hanno ancora passato il visto della censura. Che uno si tende a dimentircarlo, ma all'Italia c'abbiamo la censura.

- Se facevi la rush line, che vuol dire che se hai un badge fai la coda e se ci son posti in sala ti fanno entrare, entravi a tutte le proiezioni e incontri. Ed intendo proprio a tutti, per lo meno in questo festival mai frequentatissimo la rush line è sempre entrata tutta o quasi, tranne forse da Pacino o cose simili.

- I ragazzini per High School Musical erano assatanati, letteralmente, posseduti da qualcosa, che poi le protagoniste ed i protagonisti non so nemmeno bellissimi o roba simile. Comunque per la prima con qualcuno degli attori c'è stata la guerra dei posti, degli accrediti, dei politici. E poi al giorno clou c'erano dai bambini di 7/8 anni, non di più che già così è troppo, ai sedicenni.

-Quasi mai la sala era piena

-E' bellissimo vedere un film non sapendone quasi niente -quasi, dico, perché sennò uno finirebbe a vedere pure High School Musical-, e farsi prendere da un po' di girare del caso, fra proiezioni che si incastrano ed uno vede un po' dove lo porteranno gli orari.

-La maggior parte dei registi intervenuti -Assayas e Greenaway forse i più interessanti- c'aveva na voglia di parlare, di parole, che poi ti spieghi perché in molti scrivono libri, o anche film a pensarci bene.

- La mia personale classifica del festival, almeno di quello che ho visto, che per gran parte non era in gara, è Chinese Coffee, film di qualche tempo fa di De Niro di cui al primo giorno, poi il docu-film-mentario Stolen Art di Simon Backès, di cui al sesto giorno, e poi Serce na dtoni, di Zanussi di cui al penultimo giorno

- Il pubblico, insomma noi pubblico, non è male, ma potrebbe fare di più. Troppo caciarone, troppe domande banali assai, o paura di farle.

- L'organizzazione, boh, poteva fare di più in ogni senso, l'unica sezione veramente bella era quella Altro Cinema (complimenti a Mario Sesti e soci), quello che son mancati son proprio i film "tradizionali", narrativi, tutti abbastanza deludenti -non ho visto Appaloosa e dicono che quello riscattava un pò il tutto, e forse pure un po' Winspeare con Galantuomini.

- Non ho mai votato per un film, pur potendo in quanto parte del pubblico, che sta cosa della gara mi fa impressione, e poi le cose belle erano tutte fuori gara o quasi.

- I giornalisti so meno peggio di quello che un pensa, ma comunque non son granché

- Le attrici, quelle belle, beh viste dal vivo so' proprio belle.

- Tre o quattro film li ho interroti in mezzo, all'inizio, verso la fine, per la coincidenza con altre proizioni. Mi pare Schattenwelt -roba di Raf in Germania, ma non Baider Meinhof che sembrava troppo la Banda della Magliana-, Exodus, un documentario sull'album omonimo di Bob Marley, e qualcos'altro che non ricordo. E come diceva già Pennac dei libri parecchio tempo fa, beh si può fare, interromperli e andare avanti, altrove.

- Essendo un festival mi sentivo più legittimato a vedere film da solo, sottile arte altrimenti da me pratica pochissimo, e mi sa che debbo continuare a farla sta cosa, a farmi un festival personale in testa.

- Ogni tanto, con Rocknrolla -yeah!- soprattutto, sopraffatto dalla fame avrei voluto dei Pop Corn.

- E' bello quando i film ti si mischiano in testa, le coincidenze le ri-monti insieme e ti fai un film tuo, da cui vieni scavalcato,

- Più film vedo al giorno più sono contento, ma devono essere in sala, col buio.

- L'anno prossimo ci torno sicuro, però così, ad immersione piena.

01 novembre 2008

Diario del vostro blogger infiltrato al festival del film di Roma 2008 - giorno 9 e 10

9° e 10° giorno Giovedì 30 e Venerdì 31 Ottobre

questi ultimi due giorni sono stati due soli film, che tra la manifestazione di Giovedì -bella, pienissima, ed io mi commuovo quasi sempre alle manifestazioni, che quasi ci credo che qualcosa non è perduto, meno male che non si son visti i fascisti-, il dentista, altri impegni e l'inedia, beh due sole proiezioni. Una al giorno, entrambe in serata.

Giovedì Serce na dtoni di Krystof Zanussi, ovvero A Warm Heart, od in italiano Col cuore in mano, divertito ed ironico racconto, con punte molto nere e di sarcasmo spassoso, indove si racconta "come un gatto si sostituisce al destino" (questa è di Mereghetti dal corrierone), ovvero di come lo spietato ed attempato miliardario Kostanty -interpretato da Bodhan Stupka, attore ucraino eccezionale-, uno di quegli oligarchi spuntati come funghi (velenosi) dopo la caduta del comunismo ed affini, cerchi e forse trovie un cuore per il trapianto necessario dopo una vita d'eccessi, il cuore di un povero ragazzo ridotto all'osso , licenziato per eccessiva bontà, dal candore ingenuo e dal volto espressivo, e che tenta da un po', senza riuscirci, il suicidio.

I due caratteri -ed i due attori che gli danno corpo- sono quasi all'opposto, in un'opposizione netta che rimanda alla favola: innanzitutto c'è il miliardario criminale che tutto può, arrogante anche verso la morte, che umilia i collaboratori, i dottori che gli vietano il fumo e gli stravizi. Nel disporre della sua futura eredità, in una scena fulminante, dovendo decidersi su come danneggiare il più possibile il mondo dopo la sua dipartita, scartando Al Qaeda -«hanno i petrol-dollari»-, la droga -«è da lì che vengono i soldi, non facciamoceli tornare»-, alla fine sceglie per il Decostruzionismo, filosofia post-moderna abbastanza nichilista, con annesso filmato su internet in cui il filosofo di turno nega l'esistenza di Dio, del bene, del male ed affini. Così il nostro caro boss decide di finanziarli con diverse borse di studio- Zanussi è un bel cattolicone, e quindi magari ste cose un po' le pensa davvero, ma fatto sta che sta scena è geniale.


Dall'altro lato della vita, e del film, c'è il giovane ex commesso Stefano, ex studente di filosofia (ma guarda un po'), un po' un nuovo Candide, anche se all'opposto, con un delicato ma nettissimo pessimismo che lo porta a decidere di uccidersi. Dopo infatti aver perso il lavoro, e con la ragazza in partenza per l'Irlanda, Stefan decide di farla finita, con qualche ripensamento che però il Boss fa tutto per eliminare, cercando di farlo accompagnare al grande passo da Angelo, uno dei suoi scagnozzi migliori, con fuori l'ambulanza pronta a prendere il corpo caldo.
Non andrà come previsto, il che è ovvio, ma Zanussi, sta volta che decide anche di far ridere, ci fa proprio fare. Spero che esca qui da noi.

Il giorno dopo film diverso, mondo diverso, risate ma più grasse ma comunque buona dose di causticità anche qui e con qualche legame. Rocknrolla -ogni volta che lo pronuncio, scrivo o penso mi viene da aggiungere un YEAH!- film di Guy Ritchie, l'ex di Madonna ché almeno è rinsavito da quell'errore, che ritorna nuovamente sul sottobosco criminale inglese e londinese, come nei suoi dirompenti primi film The Snatch e Lock & Stock. Questa volta intreccia la storia del Wild Bunch -bella citazione-, un gruppo di criminali di medio livello, professionisti affidabili direi, con quelli di Johnny Quid, una rockstar sotto crack e dalle molte morti annunciate, chiaramente modellato su Pete Doherty, ed il di lui padrino boss della mala londinese, e per non farsi mancare un legame con il film di Zanussi, pure uno spietato ed iper ricchissimo e mafiosissimo oligarca russo, che organizza i suoi meeting d'affari nella zona vip di uno stadio di calcio, insomma è Abramovich.



Tra truffe, contro truffe, amicizia fra criminali ed omosessualit, debiti, alta finanza e palazzinari, scene di violenza veramente intelligenti, in cui si vede poco e niente, ma si sente pompare l'adrenalina più dello sguardo che di altro, beh Rocknrolla -yeah!- è proprio un bel film. Cazzuto, ma ironico, non troppo fallico, pur con la colonna sonora che pompa alla grande ed un gran bel cast -Tom Wilkinson, vecchio attore inglese di affidabilità totale, Gerard Butler, che dopo 300 per fortuna qui recita, una affascinantissima Thandie Newton da brividi e tanti altri. La regia, ipercinetica quando serve, non sempre legata alla narrazione lineare, è molto ironica, secca quanto basta e poche concessioni al patinato, sempre incollata alla trama -Ritchie l'ha anche scritto il film- che gira perfettamente fra peripezie e sorprese. Tanto per dirne una, l'unica scena di sesso del film durerà 20 secondi, in cui compaiono solo le aperture delle zip, le facce orgasmanti dei due, dopo i diversi e ripetuti atti ché questi so film, e poi chiusura delle zip ed annessa sigaretta. A, e poi gli applausi miei e le risate del pubblico in sala che rispetto a quello di Zanussi era quattro o cinque volte tanto.