26 novembre 2007

Intercettazioni della realtà, quando non scappa in dribbling

alla fine si torna sempre qui, dalle parti della realtà: «La realtà è quella cosa che, anche quando smetti di crederci, non scompare» Philip K. Dick

prendete le recenti intercettazioni, quelle lì, sulla fascia destra, dei passaggi incestuosi fra gli pseudo concorrenti Rai-Mediaset, che ci hanno svelato la “realtà dei fatti” (ce ne sono altre?); ebbene la reazione sinistra, di molti di noi, urbani e civilizzati esseri umani smagati alla vita, cinici quel che basta verso le manifestazioni del potere, è stata un sorrisetto a mezza bocca, pochi denti esposti, sopracciglia leggermente inarcate, testa inclinata da un lato, che lo sguardo di sguincio e non diretto fa tanto atteggiamento (post)moderno verso il mondo, il tutto corredato da leggera, a volte ripetuta, annuizione. Insomma, si derubricava nel già visto, già saputo, che noi siam gente del mondo. Scrive a proposito Alessandro Robecchi (giornalista ed autore satirico che spazia da Ballarò a Crozza fino al Manifesto):

Pasolini diceva “io so”, era rivoluzionario. L’Italia di oggi, praticamente in coro, dice “lo sapevo”, ed echeggia come un suono fesso. Il caso Rai-Mediaset è soltanto l’ultimo in cui il “si sapeva” è risuonato tonante e potente. E si sapeva sì! Se scompare Enzo Biagi e al suo posto arrivano Max e Tux, chi poteva non vedere, non capire?
al che mi sono riletto il famoso articolo:
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace;
Qui tutto si gioca, alle mie orecchie, sulle due forme linguistiche contrapposte, il distacco da quanto ci succede attorno in quanto già noto è sempre o in forma impersonale, del tipo “ si sa”, o personale al passato:“lo sapevo già”, anche se personalmente la forma che ho incontrato di più è l’unione dei due:“già lo sapevamo”. Pasolini invece parla in una prima persona esplicita, chiarische chi è il soggetto, e parla di sé e per sé, ed inoltre al presente, la sua è un’azione, personale, si sente lo sforzo di quello che dice, mentre noi ci rifugiamo in uno stato -il passato-, in una condizione isolante, in cui la conoscenza spersonalizzata disattiva la realtà, il rapporto con essa, che nemmeno le "prove" possono riaccendere. E non è arroganza quella che porta Pasolini ad affermare tutto ciò ed ad ammantarsi del ruolo di “intellettuale”, basta vedere poi come si descrive, ovvero come un qualcuno che tenta di sapere quello che può e che lavora immaginativamente per comprenderlo, un qualcosa aperto a tutti -ok, lui era più intelligente di me e credo anche di voi che leggete- almeno in linea di principio, basta fidarsi di sé stessi, pronunciare quell’ “io”, anche rischiando di sbagliare. Poi ogni tanto la realtà per vie contorte scappa addirittura fuori, emergono “come stanno le cose”, ed addirittura diviene “comprovata”, finalmente “reale”, ma qui non solo non ha senso discostarsi da essa, guardar oltre che tanto si sapeva, ma nemmeno brandirla a mo’ di indignazione, contenti che ce ne hanno somministrata un po’, tiepida minestrina che ci scalda il cuore ma dura poco; forse toccherebbe a sto punto fidarci più di noi stessi in futuro, con lo prove o senza, ed agire di conseguenza (leggi: non ho la più pallida idea di come, cacchio sono solo uno stupido blogger che aveva bisogno di una conclusione).

22 novembre 2007

Mastro Lindo

C'è una canzone di Franceco De Gregori, del lontano 1989, dal titolo Bambini venite parvulos, che ad un certo punto recita:
«Legalizzare la mafia sarà la regola del duemila,
sarà il carisma di Mastro Lindo a regolare la fila»
Versi che mi son sempre sembrati profetici ed illuminanti di quello che è successo da queste parti negli ultimi 15 anni: l'immagine è calzante e funziona bene (calvizie + pubblicità, ma se vogliamo anche l'aspetto da filibustiere). Poi oggi ho scoperto che Luigi Crespi, l'ex tripputo ex sondaggista di Berlusconi, dice su Repubblica a proposito del suo capo
Pensavo di avere una qualche relazione personale con Berlusconi. Non sapendo che lui non è un uomo ma un'icona. Io lo chiamo Mastro Lindo
Effettivamente online le giustapposizione fra i due figuri son parecchie, da Beppe Grillo a bloggers vari, però sentirlo dire da uno che ci ha collaborato fa un po' più impressione.

21 novembre 2007

Il pedobattesimo moderno

Dicesi "pedobattesimo moderno" il battesimo somministrato ad un neonato in epoca moderna e più precisamente, nell'accezione da me usata della parola "moderno", "domenica scorsa". In questo breve saggio mi occuperò dell'interpretazione parrocchiale di tale pratica neotestamentaria e di alcune esilaranti implicazioni dalle baggianate che i molti presenti ed io abbiamo dovuto ascoltare. Più di qualcuno, all'uscita, si mostrava infatti decisamente perplesso. Chiamerò il battesimando "Piergiorgio", in ottemperanza al diritto alla privacy del pargolo.

Durante la cerimonia, disse il parroco:

"E' stato calcolato che possiamo amare 3400 persone, Dio ne ama 6 miliardi... ma Dio è Dio!"


Non credo sia necessario un commento, ma già che ci sono: vuol forse dire il parroco che il rapporto tra un essere sovrannaturale presunto "creatore del cielo e della terra" e un semplice essere umano sia 6 miliardi diviso tremilaquattrocento, ovvero che Dio è solamente 1 milione e 700 mila volte più fico di noi (notare la citazione da Genesi 3,7)? E dove li mettiamo i 60 miliardi di esseri umani che, secondo le stime, sarebbero esistiti nei millenni? Forse Dio non si occupa dei morti? La dottrina cristiana suggerisce invece che i morti son ancor più amati e tenuti vicino ad Egli.


Ad un certo punto il parroco ha dichiarato che
"I genitori gli hanno dato la vita materiale, ora riceverà la vita divina."


Lungi dal voler contestare la veridicità di tale affermazione, ci chiediamo comunque se intendessi dire "vita spirituale".

Poco prima di eseguire sul pargolo il lavaggio del cuoio capelluto, il parroco ha affermato con veemenza che
"Con questa cerimonia Piergiorgio si prende l'impegno di diventare figlio di Dio, impegno che verrà confermato con la cresima."


Di fatto, il parroco attribuisce al pargolo una forte intenzionalità nel voler ricevere il sacramento, intenzionalità che purtroppo l'infante non può evidentemente avere, vista la tenerissima età. Ma nell'attribuzione il parroco si spinge fino alla pianificazione della vita spirituale (ops, divina) del fanciullo fino ai 13-14 anni, età in cui, dopo il catechismo e la prima comunione, si arriva finalmente alla cresima. Dunque evviva la libertà di religione.

In un breve excursus bibliografico, il parroco narra dell'episodio del battesimo di Gesù Cristo di Nazareth che, alla tenera età di 30 anni si fece battezzare, dimenticandosi, il parroco, di sottolineare che Gesù Cristo di Nazareth non ha mai detto: "ah però, a parte me, sono i neonati a dover essere battezzati". Infatti per secoli i battezzandi furono sempre e solo maggiorenni e vaccinati, anche nella chiesa cattolica.

Il brano neotestamentario citato dal parroco per illustrare l'importanza del battesimo è Luca 3,22 "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto" (vedi illustrazione), frase attribuita ad una voce tonante scaturitasi dal cielo subito dopo il primo battesimo della storia. Sorvoliamo come una voce dall'alto che parla ad un figlio a mollo nel Giordano, implicherebbe, a rigor di logica, la nullità della Santissima Trinità. Ma è un Mistero, e su questo concetto puntano sovente i chierici.

Unico accenno al peccato originale, teoricamente centrale nel battesimo moderno ma assai trascurato nel briefing di preimmersione, è in quella che viene chiamata "Preghiera di esorcismo", introdotta dal parroco in codesto modo:

"La Preghiera di esorcismo... esorcismo è una parola strana che vuol dire "liberazione", serve a liberare Piergiorgio dal peccato originale."

Non si è parlato né di mele, né di serpenti, ma solo un certo Satana, probabilmente un chitarrista divenuto famoso a Woodstock nel 1969.

Dopo aver riempito uno strano mestolo di acqua, ed averla repentinamente versata sul capo del fanciullo, il parroco ha pronunciato la significativa frase:

"Adesso Piergiorgio è diventato figlio di Dio"


Da cui spontanea la domanda "e prima di chi era figlio?" Chi l'ha creato? Forse il chitarrista? Oppure, speriamo di no, il Demonio? Non ci è dato sapere poiché, come al solito, è un Mistero. Però la cosa certa è che un pargolo, prima di subire un battesimo, non è figlio di Dio.


Raccomandazione finale del parroco, probabilmente sollecitata dai volti annoiati dei presenti, è stata la spiritualissima:


Mi raccomando, voglio vederlo più spesso


Si conclude così questo breve saggio sul pedobattesimo moderno. Nelle prossime settimane analizzerò la "consolazione funebre", un viaggio fra la certezza del Paradiso e le conseguentemente stupide lacrime dei parenti, "l'Assunzione di Maria", un'indagine sociologica fra religione e precariato, e infine "Lazzaro contro Ippocrate", uno studio interdisciplinare fra miracoli e medicina: chi vincerà i fondi per la ricerca?


Ah, dimenticavo: tutto ciò non vuol essere una critica alla fede cattolica, sia ben chiaro. Essa è l'unica vera fede, come lo è qualsiasi altra fede, Islam, Induismo e Pastafarianesimo compresi.

20 novembre 2007

Veltroni interviene a Crozza Italia sul neo partito di Silvio B: copia ed originale

Sembrano grandi amiconi, il che fa venire un po' rabbia, anzi parecchia



p.s. con "copia ed originale" non mi riferivo a Walter che commenta il PdP di Silvio, almeno credo
p.p.s. il centro sinistra ha un leader che, a suo dire, potrebbe citare tutta la discografia di Shel Shapiro, davvero
p...s. gli ultimi due minuti non sono malaccio

19 novembre 2007

Perchè nessuno ha detto che Mario Landolfi è indagato per camorra?

Sui media italiani non trovo traccia o quasi della notizia della settimana appena passata: Mario Landolfi, uno dei boss (ops) di An, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, è indagato per estorsione, truffa e corruzione aggravati dal favoreggiamento camorristico, insieme ad i suoi fratelli ed al sindaco di Mondragone, comune di 30.000 abitanti del casertano. Una ventina di persone (4 arresti fin ora) sono accusate di aver creato una struttura parallela che controlla i voti, i rifiuti, il mercato del lavoro e quant'altro. Dopo una controllata in giro, se ne trova notizia sui sempre attenti bloggers, su un po' di siti di giornali locali, e controllando la rassegna stampa della scorsa settimana solo sull'Unità ed il Mattino, e basta, niente sul corrierone, repubblica, la stampa, messagero.

18 novembre 2007

«Di tanto in tanto fumo, quello che basta per tossire», Groucho Marx chiacchera con Woody Allen

La trascrizione della conversazione fra i due maestri del non-sense e risata, avvenuta realmente una trentina d'anni fa abbondante, con interessantissime considerazioni sul grandissimo Chaplin e la rivoluzionaria generazione dei comici dei primi del '900, il tutto tratto da questo libro che nel maggio 2008 arriva anche da noi.

la Rete - tutta intorno a noi?

L'altro giorno ero in un ascensore, a Palermo, un bell'ascensore moderno, metallo e vetro e riflessi di luce fra i due, e nella consueta targhetta in cui si indicava il produttore ed il conseguente numero di assistenza c'era indicata l'indirizzo di posta elettronica. Come a dire, la prossima volta che mi blocco qui dentro gli mando una mail [sempre solo se sprovvisto di compagnia femminile adeguata, anche se era un po' troppo aperta la visuale]; quello che qui da noi è una battuta -effettivamente l'ho pronunciata come tale quel giorno ed hanno riso gli altri compagni di ascensione-, in altri posti sarebbe invece realtà, nelle famose terre iperboree delle connessioni flat per cellulari a prezzi umani, dove non paghi a kilobyte e soprattutto dove tutto ciò funziona; terre paradisiache, di wi-fi danzanti che suonano l'arpa e ti blandiscono l'anima con pixel e feed, dove potresti, fuori dal locale un po' brillo, fare il test online dell'etilomentro di Repubblica (sì, ok è una stupidaggine, ma è uguale, devo poter usarlo). Luoghi del sogno, mistici, in cui la rete non ti abbandona mai e la solitudine è solo una faccina triste lanciata nel mare di una chat, luoghi religiosi, in special modo per uno come me, che si intrattiene spesso in concezioni teologiche della rete, regno dell'onniscienza, in cui tutto ciò che cerchi effettivamente c'è - dalle ricette di antiche cucine mozambichesi agli spartiti per oboe delle canzoni di Mino Reitano-, anche se noi, metafisicamente inferiori, possiamo solo, seguendo Pascal, affidarci al salto della Fede, ovvero a Google, e cercare, cercare e venire poi premiati. Luoghi in cui il consumo diventa critico, perchè prima di qualsiasi acquisto in un negozio -fosse anche di un capuccino- ho milioni di miliardi di alternative online con cui confrontarlo. Insomma, per farla breve, quelli che bramo sono posti dove l'iPhone innanzitutto è in vendita, e sopratutto a tariffe umane e flat, ovvero non l'Italia.

12 novembre 2007

La Gioia - malgrado tutto

una qualche domenica fa sulla cronaca di roma di repubblica c'era un bel "racconto" (metto le virgolette perchè di 'sti tempi le definizioni valgono poco) di Nicola La Gioia, che in teoria era lì per raccontare Roma, un quartiere od anche solo un baretto dei ricordi del giorno prima, che si sa, gli scrittori gli basta poco, e di fatto lui ha raccontato "bene" (per le virgolette vedi sopra) i cazzi suoi, o roba che gli assomigliava molto, insomma di una donna e tutto quello che ne consegue, quindi più o meno tutto; e fra questo tutto c'era un'idea molto interessante, interessante senza virgolette dico, che mi è rimasta in testa. Ah, per la cronaca Nicola La Gioia è un valente scrittore giovane - 30 e qualcosa-, sceneggiatore e tante altre cose che hanno a che fare con la letteratura, addirittura con quella dove girano dei soldi(miminum fax, einaudi); mi dicono sia molto post-moderno, ma nemmeno troppo. Personalmente iniziai il suo Occidente per Principianti dopo averlo trovato su una bancarella a Porta Portese il giorno dopo averne letto una recensione di quelle del tipo "il libro è molto bello " ma che ci mettono un po' di più per dirlo; dopo un po' di pagine smisi la lettura perché fondamentalmente maceravo nell'invidia, insomma sentirmi parlare 'sto tipo che girava fra feste in case obnubilate di alcool, cultura e belle donne a piazza Navona -mi pare-, provvisto di seminterrato da artista, editor di non mi ricordo quale prestigiosa collana, insomma non ce la facevo proprio a leggere di sto tizio -il protagonista del romanzo, ma anche un po' lui, mr. La Gioia- che se la spassava e faceva la bella vita da scrittore, soprattutto in quei giorni per me un po' cupi -sì, ok, è un blog, in questo post ci metto anche gli affaracci miei, diamine, lo fa pure mr. La Gioia su Repubblica.

Comunque ritornando all'idea del suddetto "racconto", l'autore-protagonista La Gioia, poco prima di trovarsi al cinema con la donna bramata ma difficile da stringere a sè, scrive:

«Ho pensato per un attimo che solo in una città senza più cinema, né teatri, né ristoranti, né sale da concerto saremmo finalmente liberi di riempire la desolazione urbana con i nostro pensieri più immediati.»
Che detto così magari non vi suona tanto, io però mi ci sono baloccato un po' con questa idea, dato che qualcun altro non lo faceva per me -ricordate quegli scrittori che di botto partivano per la tangente, anzi, che tante volte principiavano dalla tangente, e che poi finivano in quello che poi i critici chiamavano il "fantastico", gente come Tommaso Landolfi a cui ho rubato il nome di 'sto blog? Beh La Gioia mi sa che non è uno di quelli.

Insomma mi sono messo a pensare -è un pensare un po' strano e folle, lo so- ad un mondo in cui il piacere non ha più articolazione sociale di nessun tipo: niente bar, aperitivi, feste, party, cinema, teatri, ristoranti, caffè, concerti od orge di gruppo a cui invitare chi concupiamo, insomma basta con i modi e coi luoghi dove, di nascosto un po' anche da sè, noi si vede l'effetto che fa stare lì a desiderare. Beh, se togliessimo al piacere ogni contestualità rimarrebbe lì con la sua scabrosità, la sua pulsionalità, con il fatto che desideri lei - lui, fate voi-; quello che gli etologi da superquark chiamano il gioco del corteggiamento si ridurrebbe a quello che poi di fatto vediamo sullo schermo intercorrere fra leone e leonessa -sì, con loro, l'immagine funziona meglio-, ovvero dei semplici preliminari, in senso tecnico se ne esiste uno, ché il gioco più o meno è fatto e si sta lì solo ad assaporare quello che sta per succedere -ripensandoci, anche gli altri animali e la pulsionalità bruta son parecchio umani in questo, o forse umano e animale sono più vicini di quello che si può pensare. Insomma, senza contesti vari il piacere ed il desiderio (dell'altro ma non solo) sarebbe senza infingimenti -senza umanità? non credo- quello che già è, cioè sessualità, sesso, e credo che questo coinvolgerebbe anche quelle che ora sono relazioni di amicizia. Insomma, capisco lo scrittore con le sue necessità di scrivere da scrittore, su Repubblica per altro, ma quello che spunterebbe fuori non sarebbe proprio il "riempire la desolazione urbana con i nostro pensieri più immediati", più che altro si farebbe sesso non proprio con tutti indiscritamente, ma fra quelli che ci si piace sì, altro che omosessuali ed eterosessuali, amici e fidanzata, senza i contesti di piacere si perderebbe la distinzione fra i modi di piacerci, quindi amicizia ed amore o attrazione pari sarebbero -come pari già sono se uno guarda bene. A pensarci tutto ciò, soprattutto in alcuni paesi, comporterebbe l'abbattimento del tabù dell'incesto, difatti quest'estate ero in Scozia ed ho visto figli cresciutelli piacevolmente al pub con mamma e papà; vabbé, in Italia simili rischi forse non ci sono.

Certo è che la società in senso molto profondo, la socialità dell'essere umano, sì insomma quella della definizione dell'uomo -non quella del bipede implume- che già Aristotele a suo tempo... , il nostro essere quello che siamo si basa su questi contesti ben strutturati di piacere, su queste distinzioni, insomma su una forma di "repressione" che tutti si accetta, e quindi, nel mio delirietto personale, per paura di dissolvere troppo il me stesso immaginato allontanandomi troppo dal me reale - la domanda su fino a che punto si può immaginare non solo di non essere stessi, ma di andare contro il nostro comune sentire ed essere, tipo pensarsi fuori dallo spazio tempo o simili, mi ha sempre intrigato, ma in fondo sono un fifone e non ho voluto darmi risposta- ho escogitato una semplice soluzione. Non so se avete presente la distinzione socialismo/comunismo, quella che si tira fuori nei dibatti o nei collettivi per far vedere che sì è proprio di sinistra -mica socialdemocratici, eh!- ma che si sa che l'Urss era un obbrobrio, per cui si dice che i mezzi di produzione devono essere pubblici, anzi, degli operai o del popolo, come nel comunismo, mentre i singoli beni devono rimanere privati, del singolo. Ebbene qui, similmente, facciamo sì che il lavoro rimanga strutturato, sociale, fatto di cartellini da timbrare, code in macchina, corse e rincorse senza molto senso e tutto quello che già c'è adesso, e contemporaneamente lasciamo il godimento, insomma tutto quello che è dopo-lavoro e non più sussistenza, lasciato a noi stessi, senza punti di appoggio. Come a dire, entri in società -peraltro senza il noioso ballo del debutto- quando inizi a lavorare, poi, finito il tutto, così come sei entrato semplicemente vestendoti ed andando a lavorare, ne esci, e stai così, un po' nel vuoto un po' a godere

10 novembre 2007

Aridaje! O forse no

Pare che la signora Hillary Clinton rischi di perdere la presidenza per una donna, sì, anche lei. La donna suo possibile futuro danno sarebbe Huma Abedin, che, come riporta la Stampa, si dice in giro sia la sua amante; alcuni giornali statunitensi riportano fonti, anonime of course, interne allo stesso staff Clinton, e detto da loro -i giornali americani- sembra quasi credibile.

Che poi alla forza ed alla diffusione di questo pettegolezzo contribusice il fascinoso mistero della collaboratrice della Clinton; vera e propria Mistery Woman, come la definisce in un lungo articolo the Observer: dall'età imprecisata (32 in realtà), origini sparse per il mondo (indo-pakistane pare, ma con solida crescita nella solida america del Michigan), bellezza sconcertante che abbaglierebbe chiunque sia a portata di sguardo od anche solo di immaginazione; sempre nell'articolo dell'Observer senatori americani si chiedono ammirati se la si possa considerare semplicemente umana e ricordano e menzionano sue virtù carismatiche e taumaturgiche; per dirne una, pare non sudi la ragazza, nemmeno in giugno, nei mezzogiorno assolati di Buffalo duranti interminabili comizi della capa cui pare induca fiducia e sicurezza come pochi, e di cui districa e dispone ogni movimento, letteralmente, tanto da esserne quello che in gergo si chiama "body person", un'assistente che gestisce dalle strette di mano e baci di bimbi, che non mancano ad ogni politicare, fino alle questioni del medioriente. Insomma dai ritratti trovati online la signorina Huma Abedin (pare sia single, seppur forse dotata di qualche figlio, di chi?, ma del mistero, come lei d'altronde) emerge come una vera e propria figura mitologica, un po' Medusa, fattucchiera, principessa orientale salda e saggia ma dalla bellezza trafiggi-animi, sfinge silente ma che evidentemente molto sa ma non si lascia sapere; come a dire che tanto noi uomini e donne siamo sempre là, attorno agli stessi altari e soggetti agli stessi incanti.

Comunque, pur in quello che all'apparenza sembra costituirsi come un eterno ritorno dell'identico, bisogna dire che la signora Clinton, a differenza del marito e della scialba Monica L, nel caso darebbe prova di gusti decisamente raffinati e selettivi; che poi una presidente donna e lesbica o bisex sarebbero un paio di notevoli rivoluzioni in una. Peccato che nello specifico non stimi affatto questa donna.

03 novembre 2007

Agli estremisti di destra serve la nostra comprensione

E io che pensavo fosse rigidità mentale, intolleranza congenita, volgare stupidità -sì insomma, son quelli che qualche post qui sotto potete vedere prendersi a cinghiate-, invece no, il nazi-fascismo altro non è che paralisi spasmica dell'arto superiore destro che colpisce maschi beoti cui causa un insoffocabile desiderio di radersi la testa, per non parlare dell'emarginazione cui condanna questi poveretti, insomma adottate un estremista anche voi

Documentario sull'estremista di destra

01 novembre 2007

Ponte

Oggi che cos'è? Festa? Vacanza? Dipende. E da chi, da cosa? Va bè, pensiamo al domani, che di quello v'è certezza, domani è «ponte», per alcuni al meno.

Ponte, di Giorgio Manganelli, Lunario dell'Orfano Sannita

[...]Una volta, per essere precisi -diciamo tra gli Etruschi e Giordano Bruno- non di vacanza si parlava, ma di feste. Ed erano feste essenzialmente religiose. Nè mancano vacanze oggi che abbiano un vago luccichio chiesastico, nessuno sa mai bene perché il tal giorno sia festa - Sacro Cuore? Madonna? Ma quante volte «ascende», e chi, per favore? Feste antiche, si sa, e sotto il trucco grasso e faticoso delle «vacanze» qualche ruga nonnesca si intravede.
Le vacanze religiose sono pie, ed è bene che il cittadino si abitui a collegare l’idea di Dio con quella di una macchina surriscaldata e litigiosa in lento progresso sugli asfalti, tra altre quattroruote, non meno torvamente pie. Tuttavia ho l’impressione che il collegamento sia un po’ troppo nel vago, e che si pera una occasione per fare pedagogia di massa. Alle feste religiose, che una loro antiquata, manierosa dignità l’avevano, sapevano di «letizia», si sono venute affiancando le feste laiche: Patria, guerre, conquiste, martire, re e repubbliche, qualcosa che finiva, qualcosa che cominciava, la prima volta che, fondazioni, distruzioni, sacri confini, e via garrendo al vento volta volta del futuro, della gloria, del passato, delle memorie, delle speranze; [...] noi abbiamo una lenta ma ormai innegabile evoluzione dalla fase della «festa» a quella delle «vacanze». E’ curioso notare che non molti anni fa la «vacanza» designava il tempo libero del giovanetto irretito nelle cure scolastiche; giacchè al ragazzo, all’infante, ben si poteva regalare una qualche «vacanza», che non fosse «festa», data la sua disponibilità alla gioia, alla mera ilarità dell’esistere. «Vacanza» designava anche, e tutt’ora designa, il farsi libero di un posto specie statale: «si dichiara la vacanza della cattedra», che indica il consolidamento legale di un vuoto, e che comporta la vaga, e forse repressa memoria, di un che di festose, di languido e disimpegnato. Pertanto la storia psicologica dell’idea di vacanza include questi elementi che non possono scindersi: un che di infantile, di fisiologicamente esuberante, quasi che la giocherellona felicità dell’infanzia fosse finalmente «alla portata di tutti», anche uomini di mezz’età, o cadenti; e si vedano le radioline, i mangiadischi, e tutte quelle cose che ripetono la grazia fragile delle «chicche e balocchi»; la vacanza insomma presuppone un’estensione illimitata dei riti infantili della scuola dell’obbligo, fino a lambire il decesso; presuppone inoltre la diserzione temporanea da uno spazio sociale, che assume i caratteri psicologici di un contenitore per esseri umani, una indistruttibile scatola di plastica capace di ospitare e plasmare una dopo l’altra una serie illimitata di vite.Tuttavia la scolarità permanente e la sia pur provvisoria fuga dal contenitore sociale potrebbe generare «una festa», qualcosa di antico, terribile e violento, tra danza e furore: perchè generano una «vacanza»? Forse questa aggiornata rielaborazione dell’antico rito - che non tanto fa un abbacchio dell’Agnus Dei, che sarebbe ancora metamorfosi umana, ma chiude nei missili patriottici gli antichi fulmini celesti- nasce dai misti sgretolati amori delle feste religiose e civili; e proprio perchè ora stiamo vivendo un «ponte», devo confessare che questa immagine mi pare indichi una sorta di alcova, o di passaggio segreto, di corridoio nel quale possano incontrarsi le feste dei due già distinti ranghi. Da una parte una festa fiera e maschia, mettiamo un quattro novembre, col suo ardore di fante, «al sangue» e «sulle braci», in attesa della bistecchiera radioattiva; dall’altra i languori di una pietà elegante, di antica nobiltà e buone letture, ma un poco solitaria. Non mancano mai i pomeriggi di pioggia e di peccato. L’istituzione del «ponte», questa semplice e geniale invenzione, in qualche modo coonesta queste fornicazioni, e ne legittima i già colpevoli frutti: per cui un giovedì religioso e un venerdì laico generano un sabato che partecipa di entrambi, con l’aiuto di una buona, vecchia domenica, levatrice discreta e complice