03 dicembre 2009

Consiglio alle case editrici: libri, viaggi e (mia) nevrosi

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questa volta viene dal tumblr, ché i vasi son comunicanti

Sarà pure una riduzione prosaica, un oggettivismo esagerato, un'incapacità mia di scelta e una voglia di portarsi a presso un pezzo di casa e di sè, ma in tempi di Ryan Air ed affini, di viaggi all'ultimo grammo, si potrebbero fare delle belle edizioni da viaggio, con i libri scritti in un bel carattere stretto, che occupi gran parte della pagina, senza quei margini ariosi, ma fitti fitti. Diceva Paolo Nori una volta -ora non trovo il link al volo, ché poi l'aereo parte- che le edizioni Russe sarebbero così, fitte fitte appunto, e non credo che i caratteri cirillici si prestino più di quelli latini. Perché allora non risparmiare carta e peso tutto insieme?

Oppure, ad avere il coraggio e la levità di un poeta, si potrebbe fare come Gregory Corso, che con amorevole cura e gesto sublime, quando era a Roma usciva di Casa con i suoi libri, e mano a mano che li leggeva ne strappava la parte letta e la buttava nel cassonetto -mi è stato raccontato recentemente, e questo aneddoto, questo racconto, anzi questa sua opera mi sembra un motivo sufficiente per leggersene tutta l'opera.

Oppure potremmo proporre una moratoria sulla pesatura dei libri da parte delle compagni aeree -non so bene che voglia dire moratoria, o se qui sia rilevante, ma suona bene, alza il morale e sembra universale.

Insomma qualunque cosa ma non fatemi scegliere, come faccio, 2666 pesa troppo, sono a metà lettura, ma lo finirò presto, troppo presto, e non vale la pena portare cotanto peso e finirlo dopo poco. Di Detective Selvaggi son praticamente alla fine, vado ancor di più allo stesso discorso, (ma quanto mi piacerebbe finirlo oggi in aereo), così come La casa ispirata di Savinio, che ho già letto ma sarebbe perfetto anche se un po' inquietante -vo' a Parigi. Per (non) parlare dei libri di Cavell, che non è che li posso lasciare qui da soli, ma me ne servono dei pezzi, e poi al ritorno avrò quelli che fra le altre cose vado a prendere lì.

Boh, rischia che ci rimane solo il Kindle [Nooooo]

30 novembre 2009

La svizzera verde

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A me questo referundum svizzero che vieta la costruzioni di nuovi minareti mi fa venire in mente De Gregori, quando in Pablo cantava della «Svizzera verde», dove evidentemente però con la notazione di colore intendeva "leghista".

Ché De Gregori non è nuovo a queste previsioni, un po' di tempo fa, quando uscirono fuori le foto di Berlusconi in bandana, pensai a quel pezzo del 89 in cui cantava «Legalizzare la mafia sarà la regola del duemila, sarà il carisma di Mastro Lindo a regolare la fila», e ne parlai qui. Insomma, abbiamo trovato un nuovo Nostradamus, via alle esegesi.

18 novembre 2009

La famiglia Obama contro Thomas Pynchon

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parola di Wiki*:

- la madre di Obama (1942-1995) era stata chiamata "Stanley", come suo padre, perché il padre voleva un maschio

- da bambina e da ragazzina veniva chiamata da tutti "Stanley". e non solo, visto che tutti i ragazzini la prendevano in giro "lei si scusava di ciò ogni volta che si presentava in una nuova città"

- finalmente al college, 17-18 anni, si inizia a far chiamare con il suo middle name, Ann (fiuu), ah, nel mentre era una stata una teenager tosta, indipendente, femminista, che metteva in dubbio l'autorità dei prof, atea o agnostica. stiamo parlando di una ragazzina degli anni 50.

- il padre e la madre di Barack si sono incontrati nel 1960 al corso di Russo (!) dell'università delle Hawaii (e Barack sr già aveva lasciato una moglie incinta in Kenya, ma ad Ann-Stanley lo dice tre anni dopo, sostenendo di essere divorziato). A 18 anni Ann-Stanley rimane incinta e si sposano.

-la sorellastra di Barack Hussein Obama, che mamma Ann-Stanley ha dal secondo marito Lolo Soetoro, si chiama Maya Kassandra.

- Ann-Stanley era un'antropologa, o meglio nel 1992, alla tenera età di 50 anni prese il suo dottorato in antropologia, nel mentre, dopo il secondo divorzio, si era viaggiata l'Indonesia, il Pakistan, fra microcredito, Peace Corps e qualche ONG.

- Ann-Stanley era una lontana cugina di Dick Cheney (sapevo della parentela, ora so pure da chi dipende)

- Ann-Stanley collezionava tappeti (batik) indonesiani e altri prodotti tessili, e la sua collezione nel 2009 è andata in giro per tutti gli States.

Insomma, con Stanley-Ann, bigamia, corsi di Russo, antropologhe femministe, etnie kenyane, Dick Cheney e soprattutto Kassandra con il K, direi che in questo scontro con Pynchon, o con qualsivoglia romanzo postmoderno, vince la famiglia Obama-Dunham**

*rendiamo grazie a wiki

03 novembre 2009

Soile Lautsi



Del caso odierno che vede la corte di Strasburgo intimarci di togliere i crocifissi dalle scuole, una cosa mi colpisce, ovvero che la querelante, la molla che ha portato a cotanta decisione, a siffatto scandalo, oltre ad essere una "madre", come viene riportato nei vari siti di notizie con un pelo di patetismo, sia anche e soprattutto finlandese, o di origine finnica -le fonti sono discordanti.

Ecco, io un po' di tempo fa avevo un amico norvegese, amante del pop di qualità e della buona musica, del buon vino rosso, della lingua italiana tanto da impararsela qui ben bene, e che ogni volta mi restituiva fresca e spiazzante - era estremamente colpito da quante volte gli dicessi "Mi raccomando...", insomma la frequenza delle raccomandazioni e l'ambivalenza della parola lo facevano sorridere della nostra terra, o almeno della mia parlata.

Insomma, il buon Roy una volta parlando dei Finlandesi mi disse che nei paesi scandinavi sono oggetto di barzellette come da noi i carabinieri, o come i belgi in Francia (credo), però con una vena di pazzia e follia che si univa a quella dell'ingenuità. Chiarì tutto con una battuta "Hai presente Kaurismaki? Ecco". Forse li chiamò i meridionali del nord, forse me lo invento io, ma nella meridionalità si mischiavano -si mischiano ora nella mia testa rievocata dal termine- malinconia, spossatezza e indolenza quanto la vodka secca e tagliente sulla pelle fine e arrossata da una certa intemperanza, da una certa follia silenziosa quanto assurda.

Ed ora io me la immagino quella gentile e folle signora -pur madre potrebbe essere anche signorina, non sposata, nubile, single o vergine, vero che le finlandesi son capaci di tanto-, la nostra Soile Lautsi, nome che nasconde chissà quali stralunati suoni, surreali emozioni e bizze di pronuncia, che lì, ad Helsink sud, alias Abano Terme, nel lontanto 2002 muove guerra, legale e quindi fredda, ma sempre guerra, alle bigotterie di uno stato caldo e molle. Si muove verso nord, Soile, non il suo di nord ma quello di Strasburgo, la "città delle strade", e di qui, ad Abano Terme, in terra di bianco e terme e cattolicesimo - vuoi mettere la vodka, la sauna e il loro nichilismo?-, attende e aspetta con la pazienza della saggia o della stolta, di staccare il crocifisso da delle mura su cui ha lasciato il segno e si è incrostato, che pur di non toglierlo direbbero che è portante, che crolla la scuola, la società, l'europa.

E sempre lei, eccola, con la sua causa vinta, la sua richiesta razionale, sensata e quindi inevitabilmente folle e parossistica in un paese (mondo? universo?) che non ama i sensi, le ragioni, eccola, Soile ha fatto sì che l'Italia entri in guerra, fredda e quindi per noi intollerabile, con l'Europa stessa, ed ecco che arriveranno gli embarghi, le condanne mondiali, le risoluzioni dell'Onu, forse perfino le bombe intelligenti. Finalmente una guerra di religione che valga la pena, una guerra contro la religione che si vuole piglia tutto, dai soldi, ai muri delle scuole come dei tribunali, ai voti, ai medici, alle coscienze come alle sue obiezioni, alle trasmissioni televisive che parlano di miracoli come se constatassero l'ovvio, insomma tutto questo finisce, finirà, inizia la guerra, i caschi blu, i sacchi di sabbia alle finestre, tutto per Soile, finnica italiana, come in un film di Kaurismaki.

p.s. i sette giudici della sentenza, ché anche a loro vogliamo bene, sono invece dell'Europa tutta:
Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajò (Ungheria), e Isil Karakas (Turchia).

26 settembre 2009

Tommaso Landolfi - Il Signor Bisognino e il Landolfo

Questo blog gli era dedicato, o meglio gli deve il nome e un po' la propria voce, e finalmente sento la sua voce, la sua intonazione. E mi fa piacere che sia canzonatoria, e che mi spiazzi assai. (ho sentito recentemente anche quella di Manganelli, alla lista dei desideri mancano Savinio e Wittgenstein)

24 settembre 2009

Accostamenti inconsapevoli, Guccini e gli Smiths


(che poi inconsapevole sì, ma mica tanto, che poi uno ne guadagna consapevolezza, o almeno un post)

Poco fa in una libreria c'era una musica che si sentiva non troppo, c'era l'aria condizionata e mi sa che influisce, ma ahimè questa musica copriva comunque il "sottile rumore della prosa", che non si sa perché mai non bastino i libri e le voci dei libri, tanto chi voleva era dotato del suo bel ipod. Insomma ero lì che sentivo distratto solo il tono lamentoso della voce della canzone ed ho pensato agli Smiths, sarà che di sti tempi li sto sentendo spesso.

Poi invece, a sentir bene, era Guccini. Guccini, dico, che a me non piace nemmeno tanto, e poi ho pensato che effettivamente in comune con gli Smiths c'ha un po' la nenia, ma di centro italia la sua, che guarda a nord tra pianura sonnolenta e appenino rustico e ruvido, un nord di un freddo da cui scaldarsi e cullarsi e scuotersi, più che il nord delle piogge di Manchester e dell'uniforme grigiore del ferro dell'Inghilterra.

E poi ho pensato che hanno in comune anche un po' l'invettiva, anche se Guccini tutta più viscerale e vinaiola, di uno che ha mangiato parecchio e salato, o che ha fame di parecchio e di salato, ma giusto per innaffiarlo di rosso ché così diventa brillante come un vino dai vari riflessi, corrusco. Gli Smiths, Morrisey in particolare, non ho ancora capito come inveisca (Vicar in a tutu), più british of course, ma mica solo quello, anche più satirico e laterale, boh, ci ripenserò.

Poi il resto è tutto molto diverso, davvero tanto assai, dalla musica alle facce, però anche con tratti diversi si possono avere lontane parentele, mi sa.

18 settembre 2009

Tutto quel che abbiamo bisogno di sapere su dio




The Official God Faq

sarà politicamente scorretto, ma a me ha fatto ridere.
(mi raccomando non perdete il disclaimer in basso)

pAb

05 luglio 2009

Docce di realtà (virtuale)


pensavo, sotto la doccia

blog=sé, facebook=io

come a dire che parteggio per il primo (e forse forse pure per il tumblr), quando e se è inteso come giardinetto dei giochi del pensiero, delle parole, e detesto l'identarismo, la costruzione fittizia del secondo. Certo toccherebbe piazzare pure il super-io, per amor di schematismo. Google? altri mezzi internettiani che ignoro a prescindere? insomma a chi risponde facebook, per chi si inscena il tutto? forse proprio per l'indicizzazione della rete tutta, persone e server e macchine e link e codici insieme, super-io che ti intima di godere, di renderti raggiungibile, che ti virtualizza promettendoti la realtà. vabbè, poi mi faccio prendere.

p.s. ok parlo molto in generale, le categorie coinvolte son belle vaghe, ma è un blog, che volete

14 giugno 2009

Referendum del 21 e 22 giugno 2009

Il prossimo fine settimana si vota per modificare (se possibile in peggio) una legge elettorale terrificante. Mi limito, di seguito, a illustrare per che cosa si vota.

L’attuale sistema elettorale italiano, entrato in vigore a fine 2005 e con il quale si è votato alle scorse elezioni politiche, è un sistema proporzionale (pesantemente) corretto. La correzione consiste essenzialmente nell’introduzione di un premio di maggioranza e di una soglia di sbarramento.
Sia alla Camera sia al Senato le liste in competizione possono presentarsi coalizzate per concorrere all’attribuzione del premio di maggioranza.
Per quanto riguarda l’elezione della Camera dei Deputati la coalizione che, a livello nazionale, raggiunge il maggior numero di consensi ha automaticamente diritto al 55% dei seggi totali. Riguardo al Senato della Repubblica, invece, il premio di maggioranza è attribuito a livello regionale, in ogni regione, quindi, la coalizione vincente avrà diritto al 55% dei seggi spettanti a quel collegio.
In entrambi i casi le liste elettorali sono bloccate e stilate dai partiti in lizza. Ciò significa che, una volta stabilito il numero di seggi spettanti a ciascuna lista, in ogni collegio, i parlamentari saranno selezionati in base alla propria posizione nelle liste. È consentito dalla legge, inoltre, il meccanismo delle candidature multiple, per cui un candidato può presentarsi in più di un collegio elettorale.
Le soglie di sbarramento sono variabili. Per quanto riguarda la Camera partecipano alla spartizione dei seggi solo i partiti che hanno raggiunto il 4% dei voti nazionali; nel caso, in cui, però una colazione superi il 10%, entreranno in Parlamento tutti i partiti di quella coalizione sopra il 2% e il primo dei partiti sotto tale soglia.
Al Senato il sistema è simile ma calcolato a livello regionale con sbarramento all’8%; per le liste apparentate in colazioni che superino il 20% dei consensi, invece, la soglia di sbarramento è fissata al 3%.
Sia per la Camera sia per il Senato il sistema non è completamente omogeneo riguardo al Collegio estero, alla Valle d’Aosta e limitatamente al Senato, al Trentino Alto Adige.
I tre quesiti referendari propongono la modifica dell’attribuzione del premio di maggioranza, con la conseguente variazione del sistema dello sbarramento, e il divieto di candidature multiple.
Procedendo per ordine:

Il primo quesito è riferito alla Camera dei Deputati e concerne l’abolizione del meccanismo di coalizione fra le liste in gara. Il premio di maggioranza, allora, sarà attribuito alla singola lista che avrà ottenuto più voti a livello nazionale. L’abolizione delle colazioni comporta anche l’uniformarsi delle soglie di sbarramento al 4%.
Il secondo quesito è volto ad introdurre lo stesso meccanismo per il Senato. L’abolizione delle coalizioni comporterebbe l’attribuzione di premi di maggioranza regionali alle liste più votate in ogni regione ed una soglia di sbarramento dell’8% regionale.
Il terzo quesito ha come scopo quello di abolire le candidature multiple.

Riguardo ai primi due quesiti, i promotori del referendum sostengono che tali modifiche garantirebbero una maggiore stabilità, favorendo coerenza e coesione, riducendo il numero dei partiti e favorendo la transizione verso un sistema bipartitico. Gli oppositori lamentano il fatto che un’ulteriore riduzione della rappresentanza della classe politica eletta in Parlamento si accompagnerebbe a una sostanziale immobilità del panorama politico. Il problema della scarsa coesione dei partiti di un’eventuale maggioranza sarebbe spostato sul piano della compilazione di liste comuni invece che degli apparentamenti di coalizione, allontanando sempre di più la composizione del Parlamento dalla realtà del paese e aggravando l’effetto distorsivo per cui una lista guadagna la maggioranza dei seggi a prescindere dalla percentuale di voti ottenuti. Tale riforma, inoltre, non andrebbe a intaccare due problemi latenti in questo sistema elettorale: l’instabilità dovuta alla frammentazione dei premi di maggioranza al Senato e la crescente ostilità dell’opinione pubblica nei confronti del meccanismo delle liste bloccate.
Impedendo a uno stesso candidato di presentarsi in più collegi, il terzo quesito è difeso dai promotori per eliminare il meccanismo per cui gli eletti in più collegi si trovano a poter arbitrariamente scegliere quale posto mantenere, decidendo, di fatto, fra i primi esclusi di quei collegi, i futuri Parlamentari. Se tizio viene eletto nei collegi A (dove il primo non eletto è Caio) e B (dove il primo non eletto è Sempronio), sarà solo Tizio a decidere chi tra Caio e Sempronio dovrà diventare Parlamentare della Repubblica.

07 giugno 2009

Sono un instant poll, o qualcosa del genere

(pari pari dal tumblr gemello, che time is a jet plane, it moves too fast)

sono appena stato intervistato telefonicamente dall’ISPO riguardo le elezioni di ieri e oggi, insomma non sono un exit poll visto che ero in casa, ma di sicuro un poll(?!), forse questi “instant poll” di cui si parla oggi

a futura memoria, ovvero mentre stasera si imprecherà per le difformità fra previsioni e realtà pensate a tutto ciò, ecco qui criteri e le domande, innanzitutto il sesso, ché cercavano specificatamente un maschio.

poi la signora/ina, di nome Mariella, mi ha chiesto età e titolo di studio, quest’ultimo in modo generico tipo diplomato/laureato od affini senza specificare in che, al che mi ha detto «aspetti che elaboro i (tre! quattro se ci mettiamo che sapeva dove io vivessi dal numero telefonico) dati ed il terminale mi dice se è oggetto del campione».

da campione quale mi  sono rivelato e rilevato (ole!) mi ha chiesto in che modo mi fossi informato nelle ultime settimane -radio, tv, cartelloni, volantini- e se avessi provato a convincere qualcuno a votare. L’unica cosa che interessava era “sempre/qualche volta/mai”, insomma la frequenza. 

mi ha chiesto per chi avessi votato -Sinistra e Libertà per la cronaca-, a che ora, se avessi votato a tutte le ultime elezioni -senza specificare quali- e per chi avessi votato alla Camera l’ultima volta, e quando avessi deciso di votare per il tal partito, una settimana prima, uno/due mesi prima, o “da sempre”, e poi come mi collocassi nello schieramento politica, se sinistra o centro-sinistra. 

poi con una domanda arzigogolata -bella parola tra l’altro- mi ha chiesto con quale frequenza, a parte matrimoni e funerali, andassi in chiesa od in altri luoghi ad esprimere altre fedi. 

bah, è strano ma nello scrivere tutto ciò a mia futura memoria mi son trovato asettico e schematico come nell’intervista, sarà anche la fretta, lei due minuti a domandare e io cinque qui a trascrivere

19 febbraio 2009

Classifiche


Il signore su via Cavour che lancia il pallone e lo stoppa fra collo e schiena con un sorriso attento, di destrezza, mi augura una donna russa. Ringrazio e ingenuo gli chiedo se è russo, No, rumeno, e continua, Le conosco, le russe sono le donne più belle al mondo, poi le ucraine, breve pausa a soppesare e valutare, poi le venezuelane e poi le brasiliane, al che smorfia del tipo ma su, dai, vabbé, concediamolo, e continua, poi argentine e italiane anche. Non ancora soddisfatto, sempre con un sorriso gentile, mi dice che noi no, non siamo i più belli, sai quale sono i più belli?, no, i più belli sono gli armeni, due, tre milioni di uomini* tutti alti, con occhi neri come olive nere e marroni. Fa piacere parlare con degli esperti.


*wiki dice che in tutta l'armenia sarebbero un paio di milioni, ma il signore sembrava più credibile

24 gennaio 2009

quanto la tangenziale ti regala un quarto d'ora, ovvero usare le basiliche come scorciatoie

L'altro giorno, in quella strana dimensione fra lo ieri ed il trapassato prossimo, qui a Roma era quasi primavera, pioviccicava, e mi prendeva voglia di togliermi il cappotto, poi di fatti me lo son tolto, ed ero quasi felice di questa quasi primavera, di scappottare un po' godendo dei frutti di fuori stagione, che poi sempre in quell'altro giorno ero in anticipo dalle parti di piazza san Giovanni, beneficiato da una tangenziale che il primo pomeriggio non conosco e non mi conosce nemmeno lei ed allora ci siamo trovati inaspettamente soli, è stato bello e così siamo arrivati al dunque prima del solito. E come tutte le rare volte che sono in anticipo da quelle parti, preso da questa primissimavera, mi son fatto una breve camminata lungo le pozzanghere, fino alla basilica, o forse Basilica, che non ho ancora capito non solo come si scrive ma pure se mi piaccia o meno, l'interno intendo, e ogni volta sto lì e mi dimentico di controllare, e mi perdo un po'.

Stavolta, per dire, sono andato subito avanti, verso l'abside, mi attirava questo trono centrale che d'altronde sta lì a posta, e c'era questa atmosfera tra il film fantasy e l'impero (romano? non proprio), con la cattedra papale, chiaramente di molto più moderna del bellissimo mosaico che ci sta sopra, che suona e riflette opaco, di un color oro cupo, di sproporzioni e di mostri da tardo medioevo. Sembrava un set, un bel set moderno, con le luci giuste, finte di quel finto che ci credi, e poi il trono -nel mondo, nelle chiese, nei ritagli di tempo dati dalla tangenziale, ci sono stati e ci sono i troni, ma pensa te- il trono tutto isolato dal resto, dalle panche di legno messe ai lati, che ci saranno passati dei metri di distanza, bianco ma non candido, bianco imponente incorniciato in oro-aureola, con di base quattro gradini che si restringono sempre più, tipo piramide a gradoni, tutti belli fregiati che davano proprio questo senso di potere ma pure di sacro. E devo dire che ero conquistato, aspettavo che da qualche porte arrivasse qualche cavaliere, qualche messere o giullare, qualche dama da corte, qualcuno pronto a farsi nominare qualcosa dal trono stesso, che era così bello, stabile, schietto e ispirato che poteva fare tutto da solo, senza quegli orpelli che ci mettono sopra tipo i re o peggio ancora i papi re -che poi penso ora che scrivo, più allora che vedevo, quando si dice salire al soglio pontificio, beh mi sa che ci si riferisce a questo di soglio/trono, no, così almeno so con chi prendermela.

Insomma stavo lì che aspettavo di sentire un bel rumore di armatura, spade e lance da benedire, un bel misto fra barbarie e stendardi, un clavicembalo, insomma tutta roba da palazzo più che da chiesa, ed effettivamente la cosa che mi piace di più di San Giovanni, della basilica dico, è che non è poi tanto una chiesa, tant'è che ogni volta che ci finisco in realtà vado lì con un unico fine, vedere se pure quest'altra volta, in questo altro giorno, qualcuno la usi semplicemente come passaggio, come modo per tagliare dalla piazza dove sta il battistero che è la vera piazza San Giovanni, e la piazza del concertone che è piazza di porta San Giovanni (distinzione appena scoperta in rete, ché so' ignorante). Se si entra dal lato destro del transetto e si esce dall'entrata principale, o pure viceversa che in chiesa non c'è senso di marcia, si risparmia la circummavigazione di tutto il complesso del palazzo, qualche minuto a piedi, e visto che il razionale è reale, beh c'è chi lo fa. Così da qualche anno, da quando in uno degli anticipi da quelle parti mi capitò di vedere tre o quattro persone che entravano spediti e così riuscivano, il mio piccolo gioco personale è vedere in quanti lo facciano nei pochi minuti che sto lì. E' che la trovo, boh, una cosa divertente, anzi no, stimolante, che ci si potrebbe pure giocare fra "chiesa", "luogo" e "passaggio", su riappropriazione del terreno e contemporanea completa e per me strana indifferenza a quello che c'hai attorno, dà proprio da pensare e da sentire questa "scorciatoia religiosa", e io ci gioco spesso quando sto lì, e mi rimpallo le cose in testa, ma ora sto qui e quindi ve le risparmio. Insomma in questo altro giorno, dico quello che è diventato 'sto post, alla fine, ma proprio alla fine che stavo quasi per passare dall'anticipo al ritardo, prima due signore, una con i tacchi un po' rumorosi e l'altra o forse la stessa che lasciava una traccia di profumo proprio forte, si son fatte la navata di destra senza guardarsi attorno, dritte per dritte, e dopo il rapidissimo segno della croce di una, sono uscite. Poi un signore giovane che però ti veniva di dargli del "signore", con tanto di valigetta, con la faccia da seminarista ma che mi sa che seminarista non era, con le cuffiette alle orecchie si è fatto lo stesso percorso senza segni di croce o altra interazione con il sacro ed il profano del luogo.

Al che, dopo queste ennesime conferme di non so che, uscii soddisfatto a riveder la pioggia.

15 gennaio 2009

L'ACCADEMIA COME GIOCO DELL'OCA

È online il nuovo numero della rivista Nuvole: L'ACCADEMIA COME GIOCO DELL'OCA. Lo speciale dà voce a un gruppo di (cosiddetti) "precari della ricerca" dell'Università di Torino, che hanno deciso di abitare lo spazio di intervento politico, offerto dalla redazione, in maniera non programmatica ma esplorativa. Avviare una vera e propria indagine sulla ricerca è un modo di esprimere dissenso nei confronti delle recenti manovre del governo, delle semplificazioni propagandistiche (e dello scandalismo volgare) che investono il dibattito sull’università, ma anche un piccolo tentativo di contrastare il senso comune che nega l'utilità pubblica della ricerca.

La ricerca scientifica costituisce un obiettivo polemico fin troppo comodo. Rispetto a ospedali e scuole, il suo valore è meno evidente nella percezione della stragrande maggioranza dei cittadini. Proprio come la Welfare Queen di cui parlava Ronald Reagan durante i comizi elettorali che nel 1980 l'avrebbero portato alla presidenza degli Stati Uniti: una donna grassa - dove "grassa" in realtà stava per "nera" - che andava in giro in limousine a spese dell'assistenza sanitaria pubblica. Come a dire che, se lo Stato la smette di dissipare a destra e a manca per scopi assistenziali, sarà finalmente possibile riconoscere e premiare il merito. La storia è falsa, a testimoniare che l'ossessione per gli sprechi del pubblico viene gonfiata a furia di iperboli, al bar come sulle prime pagine dei giornali; in secondo luogo, essa si fonda sull'uso di una caricatura che viene innalzata a rappresentazione del sistema.

Perché L'accademia come gioco dell'oca? La metafora di un vecchio gioco di società, che esiste da cinquecent'anni, ma cambia leggermente ad ogni nuova edizione, propone una descrizione del mondo universitario dall'interno, registrando la sovrapposizione di circostanze, regole e attori che configurano lo scenario su cui si abbattono i recenti tentativi di riforma. È un percorso ad ostacoli, dove occorre esaminare tabellone, giocatori e regole.

Per leggere il numero: www.nuvole.it
Per informazioni e commenti: ricercatoriumanisociali@gmail.com