14 maggio 2010

La cricca dei muratori

A me la parola "cricca" non convince, mi sembra un understament, tipo eravamo 4, anzi 400 corrotti al bar. Tutti i sinonimi mi sembrano condividere la stessa debolezza, come consorteria, combriccola, congrega (allitterazione non voluta)

"Sistema" in effetti sembrerebbe troppo (era Saviano che per descrivere la camorra parlava di "sistema di Secondigliano", se non ricordo male), per lo meno perché mancano ancora la descrizione delle articolazioni e i meccanismi di funzionamento; e soprattutto questa non sembra una gioiosa macchina celibe da guerra. Insomma la sistematicità fa difetto alla tapparelle.

"Loggia" nemmeno funziona, abbiamo già dato, sebbene la struttura ciclica della realtà umana affascini tutti, da Vico agli sceneggiatori di Lost. Certo è interessante che da una loggia di muratori, che volevano ricostruire a loro immagine l'ordine sociale con la malta degli intrighi e dei complotti (oggi mi piglia così), siamo passati a dei muratori veri e propri, alla materiale ristrutturazione di case e palazzi come vero ordito dello scambio politico clientelare (il passaggio dall'ideale al materiale-di costruzione- prelude di solito grandi cambiamenti nel reale, vedremo). Marco Damilano su L'Espresso nota le affinità e le divergenza fra il maggio del 1981 in cui venne pubblicata la lista degli aderenti alla P2 e questo maggio più squallido e sordido, di tapparelle e affitti e pied a terre. Menzione d'onore a Publio Fiori, che compare in entrambe le liste.

Certo, ipotesi che non avevo considerato, è che chi usi la parola "cricca" faccia riferimento al dialetto romano, che la usa nel senso violento di "botte", "colpo", "pugno", del tipo ti "do 'na cricca in faccia che te sdereno". Il che in effetti sembrerebbe appropriato visto lo squallore dei personaggi coinvolti.

update: il mio mal di collo, l'umidità dannata e il maggio novembrino mi ricordano che per "incriccato", per lo meno a Roma, si intende "bloccato a livello muscolare". Mi sembra appropriato anche questo senso. Non c'è niente da fare, il linguaggio vince sempre.

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