«Gli uomini immaginano di manifestare virtù e vizi solo attraverso azioni palesi,
e non vedono che virtù o vizio emettono in ogni momento un loro proprio respiro».
Ralph Waldo Emerson
Da oggi e per tutta la campagna elettorale prossima ventura, quando ce ne sarà occasione, si prova qui ad esaminare in maniera confusa, esagerata, dispersiva ed efferata le parole dei nostri politici. Non i loro strafalcioni ma le salienze, le cose che colpiscono, anzi, venendo la parola "salienza" da ciò che sale, che spicca in quanto in rilievo, piuttosto qui si cercheranno le cose che sprofondano, che nella distesa uniforme di cera e colla che è il discorso e il senso pubblico lasciano un segno negativo, affondano in un tonfo o un buco per la loro insensatezza, perché risuonano e suonano strano, storto, come scarti non d'intelligenza ma di un di più di automatismo.
Partiamo in maniera prolissa dall'11 settembre 2012 (ieri)
Nichi Vendola:"[Ricky] Martin è un padre meraviglioso", "culture di tipo biologistico".
In un articolo in cui Vendola rivendica il proprio diritto alla paternità, se la prende poi con quelle cuiture per cui il padre o è biologico o non è. Ma qual è il bisogno di usare la parola "biologistico" che si discosta da una ordinaria -se pure tecnica- come biologico? Vendola vuole quindi rivendicare una riflessione straordinaria, e tecnica, non necessariamente scientifica, ma comunque densa di un sapere che si vuole rimarcare e distanziare dal discorso comune. Vendola usa l'esoterico, il noto solo ai pochi (la tecnica e il tecnicismo come nuova mistica o viceversa), un quasi-latinorum abbastanza comprensibile - si deve comunque far votare, il suo è un potere che vuole confondere per avvicinare, non per allontanare le pressioni e le responsabilità, come quello, misero e gretto, dell'Azzeccagarbugli e della Dc. Forse il cacofonico e ridondante "biologistico" serve per connotare negativamente queste posizioni che non vogliono far fare i padri ai gay, o forse per Vendola il sapere è potere non in un senso liberatorio -il contropotere personale della riflessione critica- ma come soffocazione: stringere, costringere e sconfiggere l'avversario in una morsa di nozioni, paroloni, insufflazioni di complessi di inferiorità- una sorta di machismo (!) culturale.
Comunque per uno che è contro il governo dei tecnici l'uso non degli slanci poetici ma piuttosto di un tecnicismo -di quale tecnica poi? la politica o la scienza e le sue filosofie?- è bizzarro, e abbastanza brutto ed inutile.
Matteo Renzi: "forza di un sorriso", "un cammino nuovo", "amici del popolo delle enews",
così si presenta nel suo manifesto per le primarie ilpost.it/2012/09/11/log…
A parte la "forza di un sorriso" (bruxismo?), frase fatta da pubblicità (che conia frasi fatte nuove -ecco il suo genio o meglio la sua ragion d'essre- mentre quelle renziane sono vecchie e riciclate) Renzi non dovrebbe essere il giovane delle nuove tecnologie? Perché enews non lo usa nessuno, ma davvero nessuno, in rete. Quindi se ne conclude che Renzi non la conosce e non la frequenta, la rete, né la conoscono o frequentano i suoi consiglieri, o meglio possono pure frequentarla ma tanto non la capiscono - tutti andiamo in macchina, non per questo capiamo di meccanica o meglio ancora di viabilità e di progettazione urbanistica.
E poi quel "cammino nuovo", che cos'è, allusione cattolica? O forse un riferimento ai molti cammini religiosi (francigene, santiago etc.) che negli ultimi anni si sono pseudolaicizzati, attraverso quel gran motore di secolarizzazione che è la moda che introduce sempre la morte e la mortalità delle stagioni -andar di moda è andar di morte, (questa è più o meno di Leopard)i- e quindi uccide la trascendenza per creare un rito più genuinamente vuoto e inutile? Insomma Renzi sembra la Milano da bere riciclata e rimasticata, tra pubblicità anni '80 e spiritualità succedanee non impegnative anni '90 -il carisma religioso del politico dopo la morte non di Dio, ma, boh, dell'uomo ragno e di Dc e Psi; E in questo spazio tra pubblicità e pseudovocazioni, c'è appunto il nulla, nuovista più che nuovo.
E allora, scrivendo qui di Renzi, mi viene in mente che forse quando si parla del "nuovo che avanza", non si intende che procede in avanti, questo nuovo, ma piuttosto che sia in sovrabbondanza, un di più, uno scarto, un rimasuglio di altri vecchi nuovi, che sia rimasto lì e ogni tanto si riproponga, guasto e marcito, come il riflusso del martini della Milano craxiana.