04 novembre 2008

Obama visto da qui, periferia dell'impero




Sulla stampa di ieri parecchia destra nostrana, da Frattini a Chiara Moroni, si schierava con Obama con improbabili paragoni con Berlusconi, e il Giornale, marciandoci ma neppur troppo, scriveva netto che Obama non è di sinistra, né di destra, ma post-ideologico, post-razziale, bipartisan. Oggi la confidustria, alias il Sole 24 ore, alias Stefano Folli, scrive che Berlusconi si prepara a fare di Obama il nuovo Blair, che paura. Il manifesto invece, con quel fine americanista -se si dice così- che è Marco D'Eramo, nello schierarsi con Obama, legge le elezioni di oggi come un referendum sul razzismo, sull'economia ché perfino «il moderatissimo Obama è stato accusato di socialismo», e sul genere -vedi Hillary Clinton e Sarah Palin. Insomma il manifesto vede in Obama, pur conscio del suo scarso progressismo, una possibile frattura al neoliberismo, anche se come scrive bene la Rossanda è più una speranza che una previsione basata sulle dichiarazione del candidato Obama. Certo, dico io, sarebbe bello che quell'ideologia nata a Chicago con Milton Friedman venisse spazzata via da un nero, anzi un meticcio che è meglio, e che proprio a Chicago ha fatto il community organizer. Ma questo son io che voglio fare il romanziere, in realtà nemmeno ci spero lontanamente.

Ieri sera da Gad Lerner, all'Infedele, ho sentito definire Obama in vari modi, un intellettuale, che mi pare eccessivo, un leader post-razziale, un uomo del cambiamento -nessuno specificava "in meglio", ché si può anche cambiare in peggio-, uno che non appartiene alle elite dei vari partiti, insomma un po' di tutto. L'unica cosa veramente interessante l'ha detta Gabriele Romagnoli, spiegando che visto che mr Barack Hussein Obama, per storia familiare e soprattutto colore della pelle, non poteva far scattare l'identificazione con l'elettore medio, non poteva far scattare l'effetto "sono come te", "sono quello con cui andarsi a bere una birra", ed allora ha puntato all'effetto messianico, dall'alto, all'uomo nuovo. Ad un vecchio uomo nuovo dico io, con il suo essere bipartisan in maniera ideologica, centrista e religioso, devo dire che però si è costruito proprio bene l'immagine, fra Kennedy e Regan, con un intelleginte gioco di celebrità.

Comunque, anche da qui, dalla terra che ha copiato pure il nome del partito americano, oltre che gli spostamenti a destra, forza Obama, pur tutti i se ed i ma che da sinistra verrebbero da fare. Mi viene in mente Chomsky -il quasi guru della sinistra ribelle americana- che nello scontro fra Kerry e Bush invitava a votare per il primo, nonostante le non eccessive differenze fra i due, perché il potere, il potere di un presidente americano, è un tale effetto moltiplicare che da piccole differenze di partenza si arrivano a grosse differenze per il mondo. Speriamo che questa volta le potremo davvero vedere.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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