Ridurre la filosofia ad analisi linguistica equivale a supporre che esista solo un pensiero altrui.
Dàvila è un altro di quei «tradizionalisti impazziti» di cui qui si è parlato altre volte. Ultra-cattolico ma frammentario, ha dedicato tutta la sua vita letteraria a brevi note ed aforismi, molti dei quali di stucchevole esaltazione della fede cui si stenta a credere ed a cedere vista la fulminante arguzia presente negli altri, monografie compresse a sfondo politico e filosofico che ricordano molto le Centurie di Manganelli, i suoi brevissimi «romanzi cui è stata tolta l'aria».
Ed a proposito di tradizionalisti impazziti- categoria che ricordo noi si deve a Montale che parla di Gadda- una recente visita a Barcellona mi ha fatto scoprire come lo stesso Antoni Gaudì, il folle, organico e plastico architetto catalano che in giro per il mondo si conosce per la Sagrada Familia, fa parte del gruppo, del team, della confraternita. Era un cattolico fervente, ossessionato da temi e motivi religiosi che voleva inserire anche nelle abitazioni civili che ricchi mecenati di Barcellona gli affidavano -per dire, la Pedrera doveva essere sormontata da una gigantesca Madonna, senonché i timori per le numerose rivolte anticlericali del 1907 fecero sì che il committente Milà bloccasse l'ultima parte del progetto. Condusse una vita di estrema religiosità, avversa a tutti i sommovimenti liberali o anarchici della Barcellona fra fine '800 e primi '900, andandosene in giro a narcotizzare animali ed a prelevare cadaveri di uomini e bambini così da poterne studiare le figure e crearne dei calchi, fino a che, causa un'estrema sordità, è finito investito da un tram, se volete qui simbolo dei tempi che cambiavano e lo travolsero. Che un personaggio così conservatore sia stato un artista così rivoluzionario, padre del movimento architettonico, e non solo, noto come "modernismo", non sorprenda, è proprio la grandezza dell'impazzimento che qui ci interessa. Certo, se dovessi provare a sottolineare lo specifico carattere rivoluzionario-conservatore di questi personaggi, a costo di contraddire quanto detto poche righe fa, parlerei della loro sterilità, del loro non essere alla fin fine padri di nulla, di nessun movimento, di nessun figlio artistico- il modernismo catalano dagli storici dell'arte vien fatto risalire a Lluìs Domènech Montaner più che a Gaudì, che se ne rivela semmai simbolo estremo ed incommensurabile.
Il semplice fatto è che chiunque avesse mai provato a farsi seguace di uno dei nostri tradizionalisti impazziti, a (non)progettare come Gaudì, a scrivere come Gadda o Landolfi e forse anche a motteggiare come Dàvila, sarebbe apparso più un emulo ed un imitatore che un allievo, data la strana unicità di tutti questi personaggi che non hanno mai dato vita ad uno stile in senso proprio, ad un qualcosa che altri potessero adottare; evidentemente seguire una contraddizione, tra il personale e l'artistico, è decisamente più difficile che percorrere le linee progressive e progressiste di altri geni più lineari (sempre che ne esistano), semmai ci si può far travolgere da essa.
3 commenti:
Bel post. Parole sante.
ah ma allora già c'era un indizio...bastava guardare con attenzione...
"...e forse anche a motteggiare come Dàvila, sarebbe apparso più un emulo ed un imitatore che un allievo..."
dehihihoho.. mulo!
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