E' fra noi il darwinismo letterario, metodo di indagine critica che adopera concetti ed idee provenienti dai vari campi della teoria evoluzionista (biologia, socio-biologia, psicologia cognitiva...) per comprendere le opere letterarie. Due sono, più o meno, gli scopi. Il primo è ricostruire il singolo svolgimento di alcuni romanzi nei termini di alcuni modelli di comportamento di animali non umani. Il secondo -decisamente più sensato- è quello di capire quale sia il ruolo adattivo della narrazione.
Insomma, teoria non male per paradossarci un po', ma quando si pone la domanda se da qualche parte nei nostri geni e quindi nel nostro cervello non ci sia un'intrinseca predisposizione ad essere "culturali", o trasforma i racconti di Jane Austen, depsicologizzandoli, nella sola e "semplice" ricerca del partner che promette prole più sana... beh allora mi pare abbastanza ridicola.
La cosa divertente -o rassicurante, decidete voi- è che, come dice uno degli "adepti" Jonathan Gottschall, sono circa solo in 30 i darwinisti letterari nel mondo; è una delle teorie marginali dei vari cultural studies, probabilmente ci sono più persone che si dedicano a suonare l'ukulele a testa in giù, è una sorta di territorio vergine da "colonizzare" per cui è quasi il caso di dedicarcisi. Se mi piglierà lo sghiribizzo seguiranno aggiornamenti.
post post: prima o poi, quando ci avrò capito qualcosa, parlerò anche della biopoetics
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