«Ci sarebbero due modi per rendere La vita è bella un film decisamente migliore,
realmente tragico, una sarebbe far sopravvivere il padre invece del figlio per
sottolineare proprio come il tutto sia stato drammaticamente senza senso,
ma ancora più tragico sarebbe mostrare il padre
che scopre alla fine come il figlio abbia sempre saputo la verità,
ma abbia finto e sia stato al suo gioco solo per rendere il tutto più facile per il padre»
sottolineare proprio come il tutto sia stato drammaticamente senza senso,
ma ancora più tragico sarebbe mostrare il padre
che scopre alla fine come il figlio abbia sempre saputo la verità,
ma abbia finto e sia stato al suo gioco solo per rendere il tutto più facile per il padre»

Ogni volta che ho modo di leggerlo, o come in questo caso di ascoltarlo con il suo divertirsi e con la sua voglia di parlare che lo prendeva mentre cercava di stimolare l'uditorio, non posso non pensare al termine "provocare" -lui stesso si definisce ad un certo punto di questi vivissimi 80 minuti "un provocatore"-, al suo etimo che rimanda al "chiamare fuori", ed effettivamente Žižek chiama fuori tanti pezzi di noi, parlando proprio di lapsus, di scherzi e barzellette, di concezioni che stanno al di sotto di un livello di coscienza e ce li mette dinanzi agli occhi -è pur sempre, a modo suo, uno psicanalista-, ma contemporaneamente quel "pro-vocare" mi rimanda alla possibilità che egli stia provando a parlare per noi, per chiamarci fuori deve in qualche modo farci parlare attraverso quello che dice, insomma il suo provocare mi pare molto politico, molto liberatorio, molto complesso ma soprattutto vivo e reattivo, cosa che la filosofia, anzi, i cosiddetti filosofi non sono quasi mai.
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