26 aprile 2008

Zizek: tutti abbiamo bisogno di un pollo


«Ci sarebbero due modi per rendere La vita è bella un film decisamente migliore,

realmente tragico, una sarebbe far sopravvivere il padre invece del figlio per
sottolineare proprio come il tutto sia stato drammaticamente senza senso,
ma ancora più tragico sarebbe mostrare il padre
che scopre alla fine come il figlio abbia sempre saputo la verità,
ma abbia finto e sia stato al suo gioco solo per rendere il tutto più facile per il padre»


Per gli interessati, è disponibile online l'audio della vivace conferenza che il filosofo e psicanalista Slavoj Žižek - a rigore un eccezionale fool di quelli che ci mancano tanto- ha tenuto una settimana fa al festival della filosofia di Roma. Qui in inglese -comprensibilissimo a parte la zeppola da Paperino- e qui in italiano (stranamente, nella sezione podcast di iTunes sul festival della filosofia, non compare il file). Come al solito mr Žižek è estremamente brillante, doveva parlare del '68 ma ha spaziato sui temi a lui più cari, dal sottolineare la struttura iper-ideologica delle nostre società che appaiono invece erroneamente post-ideologiche, all'esaminare barzellette, la povertà narrativa dei film porno -«ciò che è impossibile, censurato, è avere una vera storia e del sesso reale insieme, nello stesso film»-, passando per Niels Bohr, Donald Rumsfeld, Veltroni, fino ad i complessi di castrazione del suo interlocutore (il ben più compassato e noiosamente accademico Giacomo Marramao, la cui introduzione vi invito caldamente a saltare).

Ogni volta che ho modo di leggerlo, o come in questo caso di ascoltarlo con il suo divertirsi e con la sua voglia di parlare che lo prendeva mentre cercava di stimolare l'uditorio, non posso non pensare al termine "provocare" -lui stesso si definisce ad un certo punto di questi vivissimi 80 minuti "un provocatore"-, al suo etimo che rimanda al "chiamare fuori", ed effettivamente Žižek chiama fuori tanti pezzi di noi, parlando proprio di lapsus, di scherzi e barzellette, di concezioni che stanno al di sotto di un livello di coscienza e ce li mette dinanzi agli occhi -è pur sempre, a modo suo, uno psicanalista-, ma contemporaneamente quel "pro-vocare" mi rimanda alla possibilità che egli stia provando a parlare per noi, per chiamarci fuori deve in qualche modo farci parlare attraverso quello che dice, insomma il suo provocare mi pare molto politico, molto liberatorio, molto complesso ma soprattutto vivo e reattivo, cosa che la filosofia, anzi, i cosiddetti filosofi non sono quasi mai.

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