Ancora esegesi de gregoriana –quella biblica pare occuperà raiuno per una settimana intera in ottobre-, ed ancora sulle contraddizione, sul gioco degli opposti congruenti che in De Gregori è centrale - lui è quello di Prendere e lasciare. Qui si parla della canzone manifesto, anche se un po’ sbrindellato, che dà il titolo al nuovo album, ovvero Per brevità chiamato artista. Questo gioco fra parole, prima opposte poi associate in schemi ripetuti ma spostati attraverso contraddizioni o straniamenti, a volte è veramente bellissimo, spontaneo, non sai che aspettarti da ciò che verrà, in altri casi diventa banale, ed io mi dispiaccio ché non ho ancora capito se una canzone la puoi amare a “pezzi” o no -i versi sì, li si fa a pezzi, ma la canzone mi sa che è un intero, tipo le persone, «pezzi che non siete altro»!
Ecco le immagini affascinanti che FdG tira fuori per darci e darsi conto, brevemente ché son solo canzonette, della sua artisticità e quello che sta dietro la definizione breve:
Per brevità chiamato artista
come una scimmia [elegante diminutio, ma che rimanda alla libera selvaggeria di cui inorgoglirsi] sulla schiena di qualcuno [per arrivare sulla spalle dei giganti? Dylan? fatti suoi?], come un uccello sul filo o un ubriaco per le scale [che evidentemente cammina proprio fra pezzi di vetro ed è difficile rimanere in piedi], che quando cade sa cadere e non si fa male o non lo fa vedere [che qualcosa sa fare, non vi preoccupate, non è solo un pazzo appeso a un pezzo (di filo)].
[e poi arriva la più bella espressione di doppia doppiezza, di mendacità e di trucco per le allodole] Doppio come una medaglia se fosse d’oro sarebbe cartone.
[E poi inizia con la prima cosa iperprevedibile]
Il cieco con la voce buona
e il muto che ci vede bene
[da qui in poi, per seguire il suo filo, Fdg non sta più sul pezzo, lo sgretola, infatti è un susseguirsi di lampi di genio e di tenebre di sciatteria; i versi notevoli e intelligenti sono inzaccherati da quelli che li seguono o precedono. In realtà nella strofa di mezzo ancora regge, ché sebbene la diade mediocre illuminista-cattolico, Fdg riesce a smontare e troncare non male due frasi fatte, ridandogli vita]:
che insegue il mattino alla luce del giorno
E dice pane al pane
e al vino.
[Ma poi riesce ad incorniciare un bellissimo verso con due fetecchie pre e post, ché lontano-vicino non si può sentire, Francé, davvero]
Doppio come l’ innocenza se fosse Abele sarebbe Caino
Antidoto senza veleno e alibi senza assassino
Perdonami se sto lontano e cercami vicino
E così ci si avvia alla conclusione, innanzitutto con riferimenti più espliciti a sue vecchie canzoni che d'altronde sta parlando di sè, e poi per chiudere ahimé in bruttezza inanella le ultime giustapposizioni fra versi Locomotiva (che hanno la strada segnata, donde la prevedibilità, la macchinicità) e versi Bufalo (che possono scartare di lato, pure cadere certo, magari al femminile essere truffaldini e falsi–chissà perché si dice così?- o fare mozzarelle all’uranio impoverito con cui alimenteremo le nuove costruende centrali nucleari, ma son vivi, imprevedibili nella corsa e dunque reali come poche cose al mondo).
Roba tipo:
Come un gatto dentro a un canile
Come un ladro tra i truffatori
Oppure
Doppio come un doppio gioco
se dice oggi intendeva domani
Insomma, mio amato FdG, ti ricordo che tu avevi scelto per i Bufali, erano quelli ad avere deciso l'avvenire dei tuoi baffi, nonché sorte e tuo mestiere, tu cacciavi per essere il migliore, non è che mi sei diventato vegetariano?
28 maggio 2008
Locomotive e Bufali: per un'esegesi di "Per brevità chiamato artista"
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De Gregori,
Per brevità chiamato artista,
se non la realtà
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