
Ripensavo a tutto questo leggendo che il genetista premio Nobel James Watson (quello che fin dalla scuola abbiamo imparato ad associare a Crick per la scoperta della struttura del DNA) ha affermato che i neri, gli africani in particolari, sono meno intelligenti . E' in definitiva superfluo ricordare al professor Watson l'elementare verità, portata alla luce da Luca Cavalli-Sforza, che parlare di "neri" o di razza non ha nemmeno più senso, visto che il mio Dna potrebbe essere più simile a quello di un Masai che a quello del mio vicino di casa. Il problema è che la scienza -quella ideologica così come quella corretta- non può pretendere di esercitare la stessa forza di controllo sul concetto di "intelligenza" come lo ha sul concetto di "adenina" o di "proteina". Quello che si deve vedere, che capire è già troppo, è che "intelligenza" è una parola che tira in ballo talmente tante cose (quali? appunto!),che qualunque sua irregimentazione scientifica non aggiungerebbe chiarezza al concetto (come ha fatto spiegandoci che l'acqua è H2O) ma lo distruggerebbe. Altro che Q.I. o capacità logico-simboliche, che son ovvietà, ma l'ambiente, fisico, emotivo, culturale, in cui si cresce, non avrebbero importanza? E come si fa a misurarle? Ma soprattutto che senso ha misurarle? Per vedere le differenze e le identità fra le persone è sufficiente parlarci, incontrarle, aprire gli occhi, abbiamo davvero bisogno che la scienza ci dica che l'omosessualità non è una malattia, o che potenzialmente siamo tutti uguali? Come potrebbe, e perchè? Non è un tabù dire che la scienza non c'entra molto con simili domande, non è paura della risposta, piuttosto è la consapevolezza che la scienza in questi ambiti può aiutarci a smontare imposture come ha fatto Cavalli-Sforza, ma non ha le "risposte", se ci sono son sempre state là, in quello che facciamo, proviamo e vediamo, non c'era bisogno della genetica nell'antica Grecia per capire che gli schiavi e le donne non erano e non sono inferiori, non c'è ne bisogno ora, la domanda non si pone, basta saper guardare.
2 commenti:
Siamo di fronte a un rapporto di potere tra dominanti/dominati, "bianchi"/"neri", uomini/donne, eterosessuali/omosesuali ...eccetera, eccetera.
Disgraziatamente chi detiene il "potere" (semplifico, ma spero di essere compresa) "inferiorizza" l'altro/a anche se questo/a "inferiore " non è.
E' il grosso paradosso, il problema o l'impensato di categorie come "razza" e "sesso" ...
Il "dominatore" (nel caso da te citato lo studioso "bianco" o "occidentale") misura "l'intellegenza" di altri/e sui suoi propri paradigmi (che sono intrisi di razzismo, mito della superiorità "bianca" ...)
La strada da fare è lunga ...
sono d'accordo, queste stesse categorie che tu nomini (razza, sesso) trascinano con sè l'affermazione dominante di una prospettiva
riguardo la strada da fare non so se sia "lunga", perchè non so se sia una strada da percorrere, forse il percorso è molto breve solo che richiede uno scarto di lato, un movimento laterale che le strade -le prospettive- siì permettono ma non esibiscono direttamente. Per intenderci, non credo che sia il caso di imparare qualcosa di nuovo, di convincere le persone (è il caso "anche" di questo), ma di cambiare modo di essere...
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