1° giorno mercoledì 22 ottobre
il rutilante mondo del cinema raccontato da uno che non sa nemmeno cosa voglia dire rutilante
innanzitutto, premetto, sì, quest'anno ci stanno i fascisti a comandare sta città e sto festival, ma ci vado lo stesso, che pare che stavolta mi potrò infiltrare un po' dove mi pare, proiezioni, conferenze, e forse addirittura qualche buffet-no vabbè, quelli no.
allora, innanzitutto oggi -ieri per chi legge- è stata la giornata di inaugurazione, dedicata interamente ad Al Pacino, che ritirava un premio.
Alle 18 conferenza stampa, in cui il vostro infiltrato/inviato è riuscito ad accasciarsi sul pavimento per sentir conversare per un trequarti d'ora -pochino, effettivamente-questo piccolo (di statura) monumento del cinema americano, in completo nero e cravatta nera un po' slacciata. Scialbe domande da giornalisti di importanti testate quali "primissima", "primissima.com.it", "radio svizzera", "il messagero", una qualche tv portoghese con il suo giornalista eccitato, e soprattutto una giornalista che si è detta di radio rai, anzi di radio 2 rai ed anche del "quotidano del nord", o "nazionale" ché non ho capito bene. E già sta cosa andrebbe approfondita ché io vorrei capire se uno che lavora per la radio pubblica possa mai per lavorare pure per qualche altro fogliaccio locale di destra (sì, i nomi dei due ipotetici giornali che mi ricordo suonano di destra), Poi magari scopro che è una povera praticante/precaria, sfruttata, etc etc. e mi commuovo un po', ma non faceva comunque na bella impressione. Comunque i big, roba tipo le tv od i quotidiani a maggiori diffusione, non hanno fatto manco 'na domanda in conferenza, cosa per me non addetto ai lavori molto strana. E comunque sti giornalisti -dentro eravamo in realtà un po' cani e porci- non è che si affannassero troppo o scalpitassero per fare una domanda, anzi. Per lo meno non scalpitavano tanto quanto a fine conferenza, quando hanno assalito il palco, sovrastando anche le pur prontissime ragazzine - un badge non si nega a nessuno-, tutti in cerca di un autografo su pezzi di carta, taccuini ed affini. E Pacino è stato al gioco, ne avrà firmati un centinaio buono -alla sera, all'incontro col pubblico, ne avrà fatti tre a dirne tanti-. Insomma i giornalisti son decisamente dei ragazzini scalmanati, che per altro non sanno manco l'inglese visto che tutti o quasi avevano le cuffiette per la traduzione.
Ma veniamo ad Al Pacino. Innanzitutto è un fico, che magari ve lo stavate chiedendo, ed io ve lo dico, visto da vicino è tappetto e un po' vecchio ma abbastanza un fico. E poi ci sa fare, sveglio, grande calma, discreto repertorio di battute, buono pause, intelligente, con impeto teatrale e poca sintesi cinematografica. C'aveva na discreta voglia di parlare, gli hanno chiesto un po' di tutto, partendo dal suo rapporto con l'Actors Studio (è qui in qualità di suo presidente). Io, le cose che mi han colpito di più, son state innanzitutto il suo dire che il grande ed unico consiglio che gli ha dato il maestro Strassberg quando recitarono assieme è "devi conoscere le tue battute, devi conoscere le tue battute", nulla di più, nulla di meno, e poi il suo ripetere più volte che lo sviluppo del personaggio è un fatto «consciously and unconsciously», e calcava parecchio unconsciously, con la sua voce non particolarmente profonda, a volte quasi sottile ed un po' stridula. Ed era bello il suono di quel unconsciously. E diceva che l'unconsciously lui lo trova, senza saperlo, soprattutto nelle prove. Poi ha detto che considera il cinema, così come si fa ora, che stai a recitare per 14 ore al giorno per un mese o più, una cosa che stanca troppo, che logora la troupe (crew in inglese) , gli attori, che toglie le energie, mentre pare che in Europa i film li si faccia con un po' più di calma (fortunatamente non l'ha sentito Brunetta). Poi ha detto n'altra cosa, che io proprio non c'avevo pensato, ovvero della «stigmate peggiorativa» che accompagna la parola recitare nella vita reale, con frasi tipo "ma smettila di recitare", o roba simile. E poi però ha concluso un po' banalmente che forse nella vita vera recitiamo, e quando recitiamo (io l'ho fatto alle medie l'ultima volta) diciamo la verità. Secondo me sta cosa se la poteva giocare molto meglio, comunque io me la tengo quella della stigmate peggiorativa, è interessante. Anch'io avrei invertito il discorso, nel senso che secondo me c'abbiamo paura di chi recita perché non solo ci mostra che recitiamo tutti, ma perché recitando nella vita dice la verità, ci mostra come uno possa essere qualcuno, impersonare qualcuno, qualcun altro, ma delle volte addirittura se stesso. E questo credo sia troppo.
Poi Mr Pacino, interrogato su ispirazione ed aspirazioni dell'attore, ha fatto, in un gustoso aneddoto raccontato molto bene, una distinzione molto bella che ha ripreso poi anche la sera quando ha incontrato il pubblico -poi racconto anche di quello, 'spettino. Quella fra attori che li guardi e dici, "è troppo bravo" "ma come cacchio riesce a farlo" "io non saprei mai", e dici che son bravi ma alla fine non ti possono ispirare, e gli altri, quelli che a Pacino piacciono di più, che tu li guardi e dici "bravissimo, ma quello sono io, potrei essere io, l'avrei potuto fare io, lo voglio fare io!", insomma che diventano modelli, riferimenti, in cui ti ci ritrovii Ha detto proprio, "quello sono io". Secondo me poi Pacino non lo sa nemmeno lui in che categoria è per gli altri attori. E poi Pacino non sa nemmeno che ste cose che dice a me mi hanno fatto pensare a roba strana, tipo la questione dell'esemplarità, la filosofia del linguaggio ordinario -soprattutto la cosa della stigmate- ma questo è meglio che non lo sappia.
A sera, come anticipato Pacino presentava al pubblico spezzoni dei suoi film intervistato da un paio di critici, gli stessi della conferenza stampa. C'erano un po' di quelli importanti che si so' fatti la passerella per entrare, io per fortuna non ho visto nessuno, mi dicono ci fosse gente tipo Simona Ventura, Valeria Marini, Vittorio Cecchi Gori (che io pensavo stesse ai domiciliari) e Sandra Milo. Questo per farvi capire i rischi che corre il vostro blogger infiltrato, ché un festival non è solo divertimento e sovrastimolamento sensoriale. I vari spezzoni erano belli, di quelli dei grandi asolo di Pacino ma non solo, che andavano dal Padrino ovviamente- ah, ha rivelato che anni dopo aver interpretato Michael Corleone, scoperse che un suo nonno era di Corleone- ad altri classici tipo Scarface, Profumo di Donna, Carlito's Way... Lui era al solito brillante, ha detto tante cose ma mo so stanco di scrivere, e poi comunque nulla di trascendentale. Il bello è stato alla fine di questi spezzoni, quando ha presentato 7 minuti del film che sta dirigendo a partire dalla Salomé di Oscar Wilde, un po' tipo il suo Riccardo III, in cui filma la piece, la rende anche un po' più cinema con esterni e tutti, ma la mischia e shakera ed incasina ed approfondisce mostrando anche i momenti di preparazione e prove e idee e pinzillacchere. Si chiamerà Salomaybe (il titolo non è granché). I 7 minuti promettono davvero bene.
Poi mr Pacino ci ha lasciato con una chicca, con una gemma, con uno dei motivi per cui il vostro infiltrato va a 'sto festival, ovvero per vedere qui roba che sennò altrimenti mai. Ha fatto vedere per la prima volta qui in europa il suo film, di cui è regista e interpete, Chinese Coffee. Tratto da una piece teatrale che aveva a sua volta messo in scena, racconta di due reduci un po' bohemien, un po' socialisti degli anni '60 -così li ha definiti-, e di come se la cavano -male- ad inizio anni '80 al Greenwich Village a New York, in quel mondo Off-Off-Broadway cui ha voluto rendere omaggio perché è da lì che viene a sua volta. Di fatti un film sentitissimo, che è del 2000 e da noi non è mai arrivato, che vergogna. In un prologo racconta di come abbia voluto indagare l'amicizia, la quasi simbiosi, fra questi due uomini falliti, un po' disperati, molto svegli e lucidi pur se trasandati fin nell'animo, impastati l'un dell'altro. L'uno, uno scrittore tremebondo e riottoso, malfermo e ipocondriaco, che si barcamena con lavoretti cercando senza compromessi di scrivere -per poi trovarsi ad urlare che tutto quello di cui ha bisogno sono i soldi -è lo stesso Pacino. L'altro, un coltissimo fotografo da nightclub, ancora più appartato e sprangato in casa, con un blocco dello scrittore che dura da una cinquantina d'anni, è l'attore Jerry Orbach, che l'avrete visto in Law & Order, il telefilm, od in tante parti -io me lo ricordo in Crimini e Misfatti di Woody- come caratterista. Reggono tutto loro due, eccezionali, ciclomitici quasi nei rispettivi cambi d'umore ma di enorme coerenza e credibilità entrambi, da soli, in una sola stanza, in questo gioco di proiezioni, dell'uno che sa che l'altro sa che lui..., con qualche flashback o puntata all'esterno che si frammezza nelle immagini e rimanda un senso di stordimento forte che sembra pervadere il personaggio di Pacino. Ua roba incredibile, sincera, che rimette in discussione i loro rapporti, meccanismi di proiezione, invidie, rispettive identità, urla e tenerezze. Vi dico solo che inizia con questa citazione di Brecht (e nell'essere due emarginati, quasi-barbone l'uno, quasi-recluso l'altro, hanno molto di brechtiano i due personaggi): «I don't trust him. It's my friend».
Eccone una clip, son dieci minuti. Assagiate e poi scaricatevi l'intero.
Ah, per la cronaca, non solo tutte le persone da passerella se ne sono andate quando se ne è andato Pacino, ovvero dopo aver introdotto Chinese Coffee -credo molti andassero a cena con lui-, ma pure un bel pezzo di pubblico, per cui a vedere il primo film del festival del film eravamo decisamente in pochi.
Momento cinephile (du role): vista in giro una bella maglietta gialla -addosso ad un tipo-, con un sole stilizzato che sembrava na cosa orientale, con scritto sopra "la corazzata potemkin è una cagata pazzesca"
Momento de' sinistra (ovvero c'è rimasto solo il momento): alla passerella di gala della sera c'erano una cinquantina (so buono) di ragazzi de' sinistra, del centro sociale Horus appena sgomberatp, che protestavano per i tagli alla scuola, alla cultura e per la chiusura del loro centro sociale, con annesso urlo «Alemanno pezzo di merda». La polizia è stata buona. Il pubblico se ne è abbastanza fregato. Ah, c'erano pure studenti universitari che protestavano, ma un po' in disparte.
Momento trash: per entrare da Pacino alla sera in coda ho beccato un attore credo di fiction, che rivelava pezzi di trama a due ragazze, che si lamentava di un altro attore della stessa fiction che va sempre in giro con la segretaria, che si ricorda le battute degli altri personaggi ma non le sue. Pare che un altro personaggio di questa fiction (soap?) creduto morto, non sia ovviamente morto, ma stia per tornare, però per soli tre mesi. Una delle due tipe saputolo ha esclamato «Devo subito chiamare mamma».
continua...
3 commenti:
Ma te lo sapevi che Al sta per Alfredo? Io comunque lo preferisco quando fa il demonio in "L'avvocato del diavolo" e mi garba anche la scena della vasca in Scarface. Per il resto è sì bravissimo, ma l'avrei potuto fare pure io. Intanto però attendo il giorno due.
effettivamente sta cosa di Alfredo l'ho scoperta tornato a casa, che glielo volevo chiedere per che cosa stava Al.
com'era al pacino? sempre più bello... E SEMPRE PIU' BASSO.
era tutto vero quindi. ti rendi conto finalmente della pericolosità di questo nostro mestiere (quale?)?
bene, bravo, continua così che noi ti leggiamo.
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